Il trucco pesante, i grandi sorrisi, i vestiti sgargianti, e una personalità che univa coraggio, generosità, fragilità ed inquietudine: la prova camaleontica nei panni della telepredicatrice Tammy Faye Bakker, scomparsa nel 2007 per un tumore a 65 anni, travolta dalla fine dell'impero economico/mediatico, costruito insieme al marito Jim Bakker, e annientato da scandali, malversazioni e condanne, è il ruolo con cui ha vinto il suo primo Oscar come migliore attrice protagonista Jessica Chastain, favorita della vigilia, per la sua performance in Gli occhi di Tammy Faye di Michael Showalter.
L'interprete californiana, già candidata nel 2012 fra le attrici non protagoniste per The Help e nel 2013 fra le protagoniste per Zero Dark Thirty, è diventata la 'frontrunner' dopo le vittorie fra gli altri dello Screen Actors Guild Award e del Critics Choice Award.
Ha battuto Kristen Stewart, qui alla sua prima nomination nei panni di lady Diana in Spencer di Pablo Larrain, Olivia Colman (Oscar nel 2019 per la Favorita) con La figlia Oscura, opera prima di Maggie Gyllenhaal, e Nicole Kidman, Oscar nel 2003 per The Hours e qui alla quinta nomination, per il ritratto di Lucille Ball in Being the Ricardos di Aaron Sorkin. E Penelope Cruz (Oscar nel 2011 per Vicky Cristina Barcelona), da sempre con molti sostenitori nell'Academy, qui alla quarta nomination con Madres Paralelas di Pedro Almodovar. Quello di Jessica Chastain è un ritorno con polemica agli Oscar: infatti l'attrice ha rinunciare in parte al red carpet e ad andare direttamente in sala per sostenere il team di truccatori e acconciatori del film, una delle otto categorie 'tecniche' di candidati che per decisione dell'Academy (preoccupata di accorciare i tempi per far risalire gli ascolti) non verranno premiate nella diretta della cerimonia, ma in differita poco prima per poi apparire in un montaggio. E l'Oscar anche loro è arrivato.
Una presa di posizione che rispecchia sia il carattere di un'attrice che non ha mai avuto paura di schierarsi, sia la sua passione per il progetto di cui è anche coproduttrice, nato dal voler raccontare la vera storia di Tammy Faye. “Trovo che sia stata trattata molto ingiustamente – ha spiegato nelle interviste -. Volevo che una nuova generazione potesse conoscerla per come realmente era".
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