Alice Rohrwacher un mezzo discorso ce l'ha pronto. Non ha scritto niente, ma ha fatto mente locale. Se domenica sera dovesse salire sul palco del Dolby Theatre a ritirare l'Oscar per Le Pupille, il suo cortometraggio, ha ben chiaro come cominciare. "Ci hanno fatto sapere che in caso di vittoria non possiamo parlare per più di 30-40 secondi. C'è giusto il tempo per i ringraziamenti. Però almeno so da chi iniziare. A quello sì, ci ho pensato", ammette con il candore allegro di una ragazzina in gita scolastica.
Al suo fianco, un signore alto, barba bianca e vestito scuro: "È mio padre, domenica verrà con me", lo presenta parlando con l'ANSA. Accanto ci sono la montatrice Carlotta Cristiani e il produttore Carlo Cresto-Dina di Tempesta Film, che la sostiene dal suo esordio con Corpo Celeste nel 2011. "Ci siamo vestiti tutti di nero per venire bene in foto", scherza posando davanti ai fotografi all'Istituto Italiano di Cultura, per la serata finale del Los Angeles Italia - Film, Fashion and Art Festival, che ha premiato i candidati italiani agli Oscar Aldo Signoretti (makeup artist di Elvis) e la produttrice Chiara Tilesi (miglior canzone originale in Tell it like a woman) e Rohrwacher, appunto.
Si guarda attorno con lo sguardo vivace delle piccole protagoniste del suo cortometraggio: 17 orfanelle costrette all'obbedienza in un collegio di suore, che davanti a una zuppa inglese non riescono a reprimere il desiderio e la fame. Sono "bambine cattive" perché non offrono la torta a Gesù come aveva intimato l'inflessibile madre superiora (Alba Rohrwacher). "La loro ribellione si nutre di coerenza, di perseveranza verso ciò che si desidera. Poi lo condividono. In questo senso, sì, mi sento una di loro".
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