Capelli raccolti in una
treccia abito scuro firmato Saint Laurent con un collettino di
pizzo bianco, lontana dall'immagine prorompente delle pubblicità
di un noto marchio di costumi da bagno e dalle prime pagine
delle riviste di moda, Laetitia Casta ha portato al festival di
Spoleto la storia di Clara Haskil, una delle pianiste più
significative del Novecento ma anche delle più misconosciute per
molti anni.
Lo ha fatto interpretando tutti i personaggi della sua
rocambolesca vita: quindici in tutto, dalla madre che le ha dato
le prime lezioni di piano, allo zio Avram che l'ha seguita dopo
la morte del padre, deceduto per le conseguenze di un incendio
da cui aveva salvato le figlie a Bucarest, la loro patria
natale, dal gatto Karpatte, agli amici come il violinista Arthur
Grumiaux e Charlie Chaplin, che la considerava uno dei tre genii
che aveva conosciuto insieme ad Alberto Einstein e Wiston
Churchill.
'Clara Haskil. Prelude et fugue' è il titolo della pièce
firmata da Serge Kribus che a Spoleto ha debuttato in prima
italiana dopo il successo in Francia.
Preludio è la prima parte della vita di Clara, enfant prodige
che dalla Romania arriva a Vienna e Parigi, costretta a portare
per mesi un gesso per la scoliosi, sempre modesta e insicura.
La fuga è quella per non venire deportata, lei ebrea, dalla
Francia occupata durante la Seconda guerra mondiale. Fuga in
Svizzera dove ha conosciuto Chaplin negli anni, dopo il 1950,
quando è arrivata la sua affermazione finale e tardiva.
Nel mezzo la malattia che l'ha a lungo tenuta lontano dal
pianoforte, la timidezza, quello che Casta chiama "umiltà" che
in qualche modo ha ritardato la sua affermazione mondiale. Un
turbinio di eventi ed emozioni a cui Casta dà voce e corpo
aiutata dalla pianista Isil Bengi, unica altra presenza sul
palco oltre a tre pianoforti: uno in miniatura, uno in verticale
e uno a coda.
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