(di Alessandra Magliaro) Sopravvivere ad Auschwitz, a Bergen Belsen, a Dachau e ai campi di sterminio e non dimenticare, diventare come è capitato tra gli altri a Liliana Segre, a Sami Modiano, a Piero Terracina testimoni viventi e assumere la funzione di araldi della memoria, dedicando al racconto dolorosissimo delle proprie esperienze la vita sapendo che per le giovani generazioni soprattutto è il modo per far conoscere la storia e cosa ha significato il progetto scellerato di sterminio. Una funzione non facile, per il carico emotivo innanzitutto, non certo immediata ma che questi sopravvissuti hanno deciso con gli anni che fosse la cosa da fare e da allora non si sono più fermati, incontrando quanti più giovani possibile. "Sono partita con mio padre dal Binario 21, dal ventre della stazione di Milano, ammassata come animale al macello. Quando sono tornata - racconta all'ANSA Liliana Segre, 88 anni, senatrice a vita - con il tempo un piccolo gruppo, di cui faceva parte il rabbino capo di Milano Giuseppe Laras e poi anche il cardinale Martini, abbiamo cominciato ad incontrarci lì, in quel posto abbandonato, sentivamo il bisogno di vederci in quell'antro da dove tutto era per noi cominciato. Era una cosa privata, di dolore, intima, nostra. Poi abbiamo pensato che quel luogo dovesse essere conosciuto, mi sono detta "Non voglio morire prima che questo binario 21 divenga un faro nella storia dell'Europa, un monito perenne". E da lì, con la forza che conosciamo, Liliana Segre 30 anni fa ha cominciato a diventare pubblica testimone, prima di allora incontrava altri sopravvissuti, anche care amiche come Luciana Sacerdote di Genova, compagne di prigionia ad Auschwitz, "ma non parlavamo mai del passato". Sami Modiano ha la stessa età della Segre, nato e vissuto a Rodi, è sopravvissuto anche lui ad Auschwitz e racconta da decenni ai ragazzi di tutta Italia cosa è accaduto nel campo, qual era il clima che ha scatenato la Shoah, lo choc delle leggi razziali, il divieto di non poter più andare a scuola, bimbetto di 8 anni, la rabbia di rimanere 'ignorante' alla terza elementare, la completa inconsapevolezza di quel che stava per capitare loro. "Le date della deportazione - spiega agli studenti dell'istituto Galilei a Roma - sono scolpite nella mia mente: il treno che parte il 3 agosto con tutti noi dentro, mio padre che non voleva separarsi da mia sorella Lucia ed è stato massacrato di botte, l'inferno di quel treno in viaggio che anticipava i forni crematori, l'acqua negata persino ai bambini, i piccoli gesti di generosità tra i deportati, l'arrivo ad Auschwitz il 16 agosto, le tante cose che non si cancellano e il dovere di farvelo sapere". I viaggi della memoria, che il Miur organizza ogni anno, in collaborazione con l’Ucei e con la Fondazione museo della Shoah, un viaggio istituzionale in Polonia e nel campo di Auschwitz-Birkenau sono una delle cose più efficaci messe in campo dalle istituzioni italiane, seminatrici di altre iniziative analoghe, come Viaggi nella memoria di Reggio Emilia o Treni della memoria, giunti alla 15/ma edizione che parallelamente a questo viaggio Miur sono in grado anno dopo anno di formare attraverso una sorta di pellegrinaggio laico le nuove generazioni. Esperienze che si possono definire 'a futura memoria'. Come la nuova app gratuita Loquis che funziona come un navigatore ma al posto delle direzioni stradali propone storie e notizie in 5 lingue sui luoghi attraversati, informazioni spesso inedite, suggestioni ed eventi e che in occasione del Giorno della Memoria ha lanciato Memoria Genera Futuro, in collaborazione con Roma Capitale e Pietre d'inciampo.
La Fondazione Anne Frank, fondata dal padre Otto nel 1963, tra le varie iniziative sta collaborando alla realizzazione di un documentario, prodotto da 3d Produzioni e Nexo Digital, realizzato da Sabina Fedeli e Anna Migotto, le cui riprese sono cominciate in questi giorni, in occasione del Giorno della Memoria, il 27 gennaio, e a novanta anni dalla nascita di Anne Frank. L'idea del film, ancora una volta con destinazione i giovani, è provare a raccontare come sarebbe stata la vita di Anne Frank se fosse sopravvissuta ai giorni di Auschwitz e Bergen Belsen. Cosa ne sarebbe stato dei suoi sogni e dell'adolescenza di cui scriveva nei suoi diari? E che tipo di identificazione si crea oggi in una ragazzina della stessa età di Anne e di Kitty, l'amica immaginaria a cui Anne scrive nel suo diario, dopo una visita nel Memoriale di Bergen Belsen? Che comunicazione può sviluppare coi suoi coetanei per condividere i pensieri che quella vicenda le trasmette?
Certo, Anne, deportata ad Auschwitz e poi a Bergen-Belsen, dove morì di stenti tra il febbraio e il marzo del 1945, è diventata negli anni un'icona di cui si è scritto e detto moltissimo.
Questo documentario vuole però focalizzare il suo ruolo di testimone con una modalità di racconto fortemente contemporanea, perché il suo approccio alla vita, lo sguardo sulle cose, la profondità della scrittura insieme al taglio giornalistico dei suoi scritti, la rendono capace di parlare direttamente ai giovani d'oggi, sintonizzandosi sulla stessa velocità di rete, con immediatezza e sensibilità straordinarie.
Il docufilm si concentra sulla storia di cinque donne sopravvissute all'Olocausto, scelte per le precise attinenze delle loro vite con quella di Anne: Sarah, Edith, Helga e le sorelle Tatiana e Andra. Grazie a loro e alle connessioni tra le loro esperienze e quella di Anne -accomunate dalla deportazione, la sofferenza, la negazione dell'infanzia e dell'adolescenza- cerca di restituire un desiderio di vita e di giovinezza che fu proprio anche di Anne e che le permise di combatte la paura e di resistere anche nelle condizioni più inumane.
Inoltre, ripercorrendo i "luoghi e le geografie" di Anne, la si conoscerà attraverso alcuni brani significativi, tratti dal diario, entrando nel suo mondo reale e nel suo mondo immaginario: quello dove abita Kitty, nata dalla fantasia di Anne e a cui lei si rivolge scrivendo il suo diario. Kitty stessa è il diario (come scrive la Frank) e, dunque, un mezzo di comunicazione. Kitty si rivolge al mondo esterno e cerca di capire quale potrebbe essere l'antidoto contro ogni forma di razzismo, facendoci riscoprire l'assoluta contemporaneità del messaggio di Anne come strumento per decifrare il mondo attuale.
Anne Frank (1929-1945) ricevette il diario rosso e bianco da suo padre per il suo tredicesimo compleanno, il 12 giugno 1942. Il suo ultimo testo è stato scritto il 1 agosto 1944, tre giorni prima dell'arresto avvenuto nell'Alloggio segreto, sito nello stabile di Prinsengracht 263 ad Amsterdam. Miep Gies e Bep Voskuij trovarono i diari di Anne Frank dopo che la famiglia era stata deportata.
Miep li conservò nella speranza che un giorno sarebbe stata in grado di restituirli ad Anne. Quando, dopo la guerra, scoprì che Anne era morta in campo di concentramento, Miep consegnò i quaderni al padre, Otto Frank, unico sopravvissuto della famiglia che decise così di esaudire il desiderio della figlia, pubblicandone il diario col titolo che Anne avrebbe voluto dargli: "Het Achterhuis", l'alloggio segreto. L'Anne Frank Fonds fu fondata a Basilea nel 1963 da Otto Frank come fondazione di beneficenza designata come sua erede universale. La fondazione detiene i diritti per le opere, le lettere e le foto di Anne Frank e dei membri della sua famiglia.
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