Quanto spesso, anche parlando in presenza dei figli o dei bambini degli altri, ci esprimiamo associando una donna alla ‘casa’ , ai ’bambini’ e alla ‘famiglia’? Quanto, invece, descriviamo un uomo più facilmente per il suo ‘lavoro’, la ‘carriera’ o sul fronte ‘business’? Facciamo altri esempi: l’infermiera, la signora delle pulizie, la segretaria vi paiono termini più familiari rispetto ad infermiere, cameriere o segretario? E come usano tali terminologie i vostri ragazzi?
Sembra una ovvietà ma l’uso che si fa della propria lingua incide sulle scelte e sulle rinunce future delle nuove generazioni, dagli studi al lavoro.
Ebbene all'italiano i termini sessisti non mancano e se sul fronte del linguaggio comune si sapeva già (“Non fare la femminuccia”, “Lascia stare, sono cose da maschi”, “Sei acida! Ma hai il ciclo?”, segnalava i mesi scorsi una indagine Babbel sui modi di dire di 12 diversi paesi, come riportato da Ansa Lifestyle), ora è stato indagato quanto i luoghi comuni a sfavore delle donne agiscano su loro stesse anche quando si tratta di decidere di studiare o lavorare in ambito scientifico. La donna spesso (per fortuna ora non così di frequente) rinuncia a realizzarsi e fare carriera come ingegnere, scienziata o matematica. Quanto delle chiacchiere che ha percepito fin da piccola la influenzano?
La lingua comune frena le ambizioni femminili, spiegano i ricercatori della Carnegie Mellon University che hanno condotto un report sui modi di dire di ben 25 lingue diverse. Gli studiosi hanno indagato gli stereotipi di genere coinvolgendo oltre 650.000 soggetti, sottoposti a specifici quesiti di associazione implicita e a test psicologici e indagando in particolare i luoghi comuni che influenzano le scelte degli studi universitari e del mondo del lavoro nel cosiddetto ambito ‘Stem' che va dall’ingegneria alle scienze alla matematica, vere e proprie roccaforti maschili.
L’Italia si piazza al tredicesimo posto dei venticinque paesi inclusi nel report. Al primo posto delle lingue più ricche di stereotipi c’è il danese, al secondo il tedesco, al terzo il norvegese. Seguono il rumeno, l’inglese, l’ebraico, lo svedese, il mandarino, il persiano, il portoghese, l’hindi e l’italiano. Dal 14esimo posto in poi finlandese, francese, coreano, spagnolo, indonesiano, arabo, giapponese, croato, turco, filippino, polacco. Infine il malese che risulta essere la lingua meno sessista.
“Il sessismo attraversa tutte le culture e le lingue del mondo e, nei 25 paesi analizzati gli stereotipi imperano, anche se i paesi più sessisti risultano quelli con un'età media più avanzata, come ci potevamo aspettare- - spiegano gli autori nello studio pubblicato su Nature Human Behaviour.
Possono apparire banali modi di dire quelli in cui le donne si associano a vite familiari e gli uomini alla carriera ma non lo sono perché incidono sulla vita di tutti. “Le associazioni linguistiche possono essere anche causalmente correlate al giudizio implicito delle persone su ciò che le donne possono o non possono realizzare. I bambini piccoli hanno forti stereotipi di genere come gli anziani, e la domanda che ci siamo posti è da dove vengono questi pregiudizi, - sottolineano gli autori. - Anche senza fare vere e proprie dichiarazioni sessiste, gli stereotipi sono saldamente incorporati nel linguaggio riferito alle donne”.
A che punto sono gli italiani lo abbiamo chiesto a Moly Lewis che ha diretto lo studio: “Il risultato della nostra indagine, - precisa Lewis, - è che anche in italiano le parole relative all’uomo in carriera tendono a ricorrere, anche in una stessa singola frase. Al contrario, le parole relative alle donne tendono ad associarsi, ad esempio, al termine ‘famiglia’. Tali associazioni sono state confermate anche negli esperimenti psicologici fatti su speaker italiani. La conclusione generale, quindi, è che chi ascolta potrebbe imparare ad associare l’uomo alla carriera e le donne alla famiglia e questo potrebbe plasmare i loro stereotipi di genere. L'italiano è risultato meno prevenuto del tedesco e dell’inglese ma peggiore dello spagnolo e del giapponese”.
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