Modelli ibridi, smart working a tempo indeterminato o full time in ufficio: il ritorno alle attività lavorative anche in presenza per milioni di italiani fa diventare di grande attualità il tema del dove/come lavorare in uno scenario post emergenza sanitaria che ha costretto tutti a rivedere priorità e modi di lavorare. Tornare esattamente come prima? Ci sembra difficile. Una percezione confermata dalla ricerca FUture of Work: Italia sviluppata da LinkedIn, il più grande network professionale online al mondo. Dal report emerge che il 47% dei professionisti italiani che hanno partecipato al sondaggio preferiscono un modello ibrido tra il lavoro in ufficio e il lavoro da casa, il 30% preferirebbe invece lavorare a tempo pieno in ufficio, e quasi il 23% preferirebbe lavorare a tempo pieno da casa. Andando ad analizzare i dati per genere, sia per donne che uomini, il modello di lavoro ibrido rimane il favorito, però il dato diventa particolarmente incisivo per le donne, le quali rispetto agli uomini (41,9%) hanno mostrato una maggiore preferenza per questo modello al 52,9%. In questo ambito, considerando le differenze per fascia d’età, risulta notevole che la categoria dei professionisti più giovani (fino a 24 anni) è l’unica fascia che preferisce lavorare in ufficio rispetto che lavorare in modalità ibrida.
Per chi ha espresso la preferenza di lavorare da casa (full time o part time) la percentuale più alta (37%) dichiara di preferire il lavoro da remoto per mantenere un migliore equilibrio tra vita personale e lavoro, il 32% dichiara di voler evitare le difficoltà legate al pendolarismo e il 21% dichiara di essere più produttivo a casa rispetto che in ufficio.
Tra le persone che preferiscono lavorare in ufficio, il motivo principale, per il 44% degli intervistati, risulta essere il piacere di essere circondati da altre persone e colleghi durante l’orario lavorativo, mentre invece il 36% pensa di essere più produttivo lavorando in ufficio. Il 33% trova che la possibilità di cambiare scenario (tra casa e ufficio) possa portare degli indubbi benefici, mentre quasi il 30% (28,5%) dichiara di essere più sedentario nel lavorare da casa, fattore che influisce sulla sanità fisica e mentale. Il 13% dichiara invece di spendere più soldi quando lavorano da casa e quindi di preferire il lavoro in ufficio. In particolare, dalla ricerca emerge che le donne sono molto attente al tema della sedentarietà, infatti il 32,44% dichiarano di essere più sedentarie nel lavoro da casa.
Ma non sono solo la routine e l’attività fisica a preoccupare i professionisti italiani rispetto alla prospettiva di lavorare da casa ora che si riaprono gli uffici. Infatti, il 38% degli intervistati ha il timore che i propri colleghi che hanno scelto di tornare in ufficio possano essere avvantaggiati dai superiori rispetto a chi lavora da remoto, il 31% pensa che la scelta di rimanere a casa possa influire negativamente sul proprio percorso professionale in generale, mentre tantissimi altri professionisti da remoto (il 34%) teme che la qualità delle interazioni con i propri colleghi in ufficio possa peggiorare nel tempo. Esiste anche una parte di lavoratori italiani, il 27,5%, che pensa che lavorando da casa si perderebbero il divertimento del lavoro in ufficio.
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Inoltre, già a molti lavoratori è stato richiesto dalle aziende di poter tornare a lavorare in ufficio in maniera più o meno continuativa. Come hanno reagito gli italiani a questa richiesta? Quasi la metà degli intervistati (il 44,5%) ha accettato il regolamento impostato dalla propria azienda e sono tornati o ritorneranno nel posto di lavoro, mentre il 26% hanno chiesto al proprio datore di lavoro di rientrare al lavoro con un orario flessibile, così da poter lavorare part time anche da casa; mentre alcuni (14,7%) hanno chiesto alla propria organizzazione di poter lavorare in un luogo nel quale potessero sentirsi più sicuri. C’è anche chi, il 12% circa dei partecipanti, sta cercando un nuovo lavoro dove si possa lavorare da remoto full time e l’11,66% stanno considerando di lasciare il lavoro attuale. C’è anche una percentuale residuale di persone, il 6,7%, che ha dichiarato di aver già lasciato il lavoro perché gli è stato chiesto di tornare in ufficio a tempo pieno, adducendo diverse motivazioni, tra le quali la possibilità di potersi prendere meglio cura dei propri figli (circa il 50% dei partecipanti) o dei parenti anziani (39%); il 42% ha affermato che il lavoro ibrido aiuta loro ad avere un miglior livello di sanità mentale, mentre il 40,6% dice che lavorare da casa, o in un modello ibrido, ha evitato i costi e i fastidi dati dal pendolarismo quotidiano.
Un tema particolarmente delicato in questo periodo è legato alla richiesta da parte dei datori di lavoro del certificato vaccinale ai propri dipendenti, prima del rientro effettivo in ufficio. Da questo punto di vista, la sensibilità da parte dei lavoratori italiani risulta abbastanza chiara, infatti per circa il 75% dei partecipanti alla ricerca, è molto o abbastanza importante richiedere che tutti i dipendenti siano vaccinati per il ritorno in ufficio. Inoltre, il 43% degli intervistati ha dichiarato che chiederanno ai propri colleghi con i quali interagiscono regolarmente se hanno ricevuto il vaccino, e il 33% lo chiederanno solo se si troveranno in una situazione in cui ritengono necessario saperlo.
Infine, la ricerca di LinkedIn ha indagato anche su una particolare categoria di professionisti, ovvero i più giovani che si sono trovati ad iniziare il proprio percorso lavorativo proprio nel periodo della pandemia e dei vari lockdown. A tal proposito, circa il 70% degli intervistati ha dichiarato di essere d’accordo sul fatto che i giovani professionisti che hanno la loro carriera durante la pandemia saranno influenzati dai nuovi modelli di lavoro a distanza, e circa il 67% pensa che i membri del proprio team all'inizio della loro carriera abbiano perso l'opportunità, a causa della pandemia, di imparare alcune soft skill tipiche della vita di ufficio (es. empatia, intelligenza emotiva etc.).
“Il rientro in ufficio dopo un così lungo periodo di smartworking più o meno forzato ci sta proiettando in una nuova realtà, dove i professionisti hanno imparato a conoscere i vantaggi e gli svantaggi di diverse tipologie di contesto lavorativo. Dai dati della nostra ricerca emerge che gli italiani si dimostrano un popolo professionalmente molto flessibile, ed apprezzano sia le opportunità di confronto e arricchimento offerte dall’ufficio in azienda, così come la possibilità di avere un migliore worklife balance lavorando da casa. I prossimi mesi saranno fondamentali per assimilare al meglio le nuove regole e vivere in maniera produttiva e felice tutte le possibilità offerte da questo nuovo scenario, supportando il più possibile soprattutto i più giovani ad assimilare nuovi modelli e apprendere le skill fondamentali in ambito lavorativo” commenta Marcello Albergoni, Country Manager di LinkedIn Italia.
“I dati parlano chiaro, metà dei lavoratori italiani vuole lavorare in modo ibrido, un quarto addirittura in full remote: qui sta la sfida per le aziende, la capacità di costruire davvero un modo di lavorare smart, superando i concetti di orario, timbratura, controllo e costruendo il lavoro per obiettivi” spiega Alessandro Rimassa, fondatore di RADICAL HR e tra i massimi esperti italiani di future of work. “Non è facile, lo sappiamo bene: per riuscirci serve un enorme sforzo di formazione per i manager – sui temi della leadership, del feedback e dell’assegnazione degli obiettivi – e per tutti i lavoratori – sui temi dell’auto-organizzazione e della gestione del tempo. Investire in formazione è l’unica soluzione possibile, perché a rischio questa volta c’è la salute delle aziende: le imprese che non implementeranno un lavoro ibrido e un vero smart working perderanno i lavoratori – a partire dai più talentuosi – mettendo a rischio crescita e tenuta dell’azienda stessa. La ricerca di LinkedIn d’altronde parla chiaro: già un quarto dei lavoratori, tra quelli richiamati in ufficio, ha chiesto flessibilità di giorni e di orari: permettere alle persone di superare il contrasto tra lavoro e vita privata e aiutare i lavoratori a sviluppare un vero Life Balance e Wellbeing entrerà, alla pari della retribuzione, tra le cose che permetteranno alle aziende di attrarre e trattenere persone di talento. Mai come ora essere people-centric non è un atteggiamento di moda, ma l’unica strada per costruire aziende con persone felici e, quindi, produttive”.
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