Matite e colori procurati a rischio della vita, vernice raschiata dalle pareti per recuperarne il pigmento, carbone, ruggine, erba e mozziconi di sigaretta usati per lasciare un'immagine a testimonianza di quello a cui gli occhi non possono credere. L'urlo di dolore dei milioni di morti nei campi di concentramento arrivano a noi anche tramite i 30.000 disegni realizzati tra il 1939 ed il 1945 e recuperati dalle intercapedini dei muri, nascosti sotto le assi del pavimento o addirittura occultati nei cimiteri, e tornati alla luce dopo la Liberazione. Lo racconta il doc Disegni dall'olocausto, in prima visione su History Channel (411 di Sky) il 27 gennaio alle 21.50 nell'ambito della programmazione speciale per il Giorno della Memoria.
E' la storia di chi ha avuto il coraggio di attestare i crimini commessi dal regime nazista: artisti di tutta Europa, tra i quali Bronislaw Czech (1908-1944 internato ad Auschwitz), Leon Delarbre (1889-1974, internato ad Auschwitz), Peter Edel (1921-1983, internato ad Auschwitz, Sachsenhausen e Mauthausen), insieme a persone senza particolari doti artistiche. Ritratti, autoritratti, nature morte, paesaggi, soggetti astratti, caricature e disegni sul retro delle circolari delle SS, sulla carta da pacchi, sui ricettari medici, ma anche sui bersagli per le esercitazioni delle SS e sulle cartine delle sigarette, documentano l'arrivo nei vagoni piombati, la selezione, la disinfestazione, gli appelli quotidiani, il lavoro forzato, la vita nelle baracche, le camere a gas e persino l'attività dei crematori. Tra gli elementi di novità del documentario c'è anche il racconto della storia del Lagermuseum di Auschwitz, un piccolo museo che il direttore del campo Rudolph Hoss usò come strumento di propaganda per coprire le condizioni inumane degli internati durante le visite degli ispettori della Croce Rossa Internazionale. Attrezzato nella baracca 24, divenne per due anni un punto di riferimento per molti artisti del campo ai quali le SS commissionavano lavori da presentare ai dignitari del Reich durante le visite ufficiali al campo, ma anche un luogo dove gli internati ebbero accesso al materiale per produrre in segreto disegni illegali, quelli che raccontavano la loro realtà disperata.
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