L'industria dell'automotive deve prepararsi a dire addio a benzina e diesel nel 2035. Gli e-fuels - o ecocarburanti che dir si voglia - potranno invece avere altri giorni da vivere. Con una maratona negoziale di quasi diciassette ore, quando l'orologio segnava le tre di notte a Lussemburgo, i ministri europei responsabili dell'Ambiente hanno chiuso un'intesa storica sulle auto e il maxi pacchetto green Fit for 55. Che di fatto, se sarà approvata in via definitiva all'ultimo miglio dell'iter legislativo destinato a compiersi in autunno, segnerà un passo decisivo e irreversibile per i trasporti, l'energia, l'industria e l'edilizia. E, quel che è più importante, per il clima. Per il ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, è stato evitato il peggio. "I Paesi cosiddetti frugali che non producono automobili - ha detto - chiedevano il phase out molto prima, alcuni al 2027".
I punti tracciati un anno fa da Bruxelles restano invariati: lo stop a benzina e diesel per auto e furgoni nuovi sarà nel 2035. E questo, ha gioito il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans, significa che il futuro della mobilità "è elettrico". Anche considerando che l''obiettivo zero CO2 al 2035 è qualcosa "che le auto ibride ad oggi non possono conseguire".
"Se i costruttori pensano di poterlo fare - ha osservato il politico olandese - vedremo, faremo le nostre valutazione nel 2026, dipende da loro". E infatti qualche deroga c'è. E sta molto a cuore all'Italia. Una salva la Motor Valley emiliana: le auto di lusso di marchi storici come Ferrari potranno ancora essere vendute con i classici motori termici. L'altra lascia uno spazio alla coesistenza tra gli ecocarburanti e l'elettrico per una transizione più sostenibile sotto il piano tecnologico e sociale nei tempi che verranno. Per entrambe l'ago della bilancia è stata la Germania, arrivata al tavolo delle trattative divisa nelle sue anime di governo tra i due ministri Verdi che guidano l'Economia e l'Ambiente, Robert Habeck e Steffi Lemke, per i quali il risultato è "storico", e i Liberali del responsabile delle Finanze Christian Lindner. L'asso nella manica di Berlino è diventato il punto d'approdo per tutti i Ventisette, le 'ambientaliste' Olanda e Danimarca comprese, e prevede che nel 2026 la Commissione Ue valuti i progressi compiuti dal settore verso le emissioni zero tenendo conto "degli sviluppi tecnologici, anche per quanto riguarda le tecnologie ibride plug-in".
Il problema, ha messo in guardia il presidente di Acea e ceo di BMW, Oliver Zipse, è garantire "l'accesso strategico alle materie prime chiave per la mobilità elettrica" e capire che "l'idrogeno e altri combustibili CO2 neutrali" giocano un "ruolo importante" nella decarbonizzazione. Di tutt'altro avviso Transport & Environment Italia, per la quale "ora bisogna concentrarsi sulla capillare diffusione delle infrastrutture di ricarica, la riqualificazione dei lavoratori dell'industria automobilistica e la costruzione della filiera delle batterie sostenibili". Mentre per Greenpeace quello raggiunto dai ministri è un accordo "rattoppato" e "la scadenza del 2035 è troppo tardi. Preoccupazioni per l'impatto dello stop alle auto inquinanti su imprese e occupazione i lavoratori sono state invece espresse dai sindacati come Fiom e Fim, da Conftrasporto, dall'Unione industriali di Torino e da diversi esponenti di Forza Italia
Le auto non sono state le uniche ad agitare le trattative. La riforma dell'Ets, con il passaggio dalle quote gratuite alla carbon tax e l'allargamento ai trasporti privati e al riscaldamento degli edifici ha incassato l'ok. Ma sul Fondo sociale per aiutare i cittadini e le imprese ad affrontare il costo della transizione energetica la sintesi trovata dai Paesi si ferma, con l'aiuto della mediazione della Francia, a 59 miliardi di euro tra il 2027 e il 2032. Bruxelles ne proponeva 72, i falchi del Nord meno della metà.
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