La trincea dell'Italia, la contrarietà di Polonia e Bulgaria, la Germania avvolta nei tentennamenti della coalizione semaforo: è ancora stallo in Europa sullo stop alle auto a benzina e diesel, a partire dal 2035. Il voto sul regolamento, rinviato da mercoledì a venerdì, va verso un nuovo slittamento. Il motivo è semplice: alla riunione dei Rappresentanti Permanenti aggiunti dei 27 (Coreper II) c'è il forte rischio che si crei una minoranza di bloccho che affossi il provvedimento. Per il pacchetto Fit for 55 sarebbe un colpo durissimo. Un colpo che, di fatto, il governo Meloni auspica. "L'Italia voterà contro e sarà un segnale anche per tutta l'attività dell'Ue su altri dossier, dall'automotive al packaging", ha scandito il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso a margine del Consiglio Competitività.
Alla riunione si è parlato innanzitutto del dossier aiuti di Stato e, più in generale della risposta europea all'Inflaction Reduction Act americano. Ma, negli incontri laterali, è spuntato anche il nodo dello stop alle auto inquinanti. E l'Italia ha manifestato con decisione la sua trincea inquadrando il regolamento come un ingranaggio significativo di una politica di transizione verde che il governo reputa in parte errata. "Noi condividiamo gli obiettivi ecologici ma serve una visione pragmatica, concreta, e non ideologica, messianica, frutto di una concezione che appartiene al passato. All'Europa serve una sveglia", ha spiegato Urso dicendosi soddisfatto dell'ascolto prestato dai suoi interlocutori. Il ministro ha avuto bilaterali con i suoi omologhi di Austria, Romania, Repubblica Ceca, e Irlanda. Con tutti ha cercato di costruire una base per una linea comune sui dossier ambientali. In attesa che, l'anno prossimo, cambi la Commissione. "Già ora c'è una certa consapevolezza e sono convinto che nel 2024 emergerà nell'Eurocamera una maggioranza più capace di interpretare a fondo gli interessi e gli ideali della nostra casa comune europea", ha osservato Urso. Puntando, come tutto il governo Meloni, ad un'alleanza destra centrica che soppianti l'asse tra S&d e Ppe. La Commissione, non ha caso, sta indirizzando la sua moral suasion su Berlino.
La Germania ha chiesto un impegno concreto, da parte di Palazzo Berlaymont sugli e-fuels. Difficilmente tale impegno verrà inserito nel regolamento sullo stop alle auto inquinanti (ormai blindato e approvato definitivamente dal Pe) ma potrebbe spuntare in una delle misure del pacchetto Fit for 55 ancora sotto negoziato. Berlino, però, ha bisogno di più tempo. E "senza il necessario consenso" la presidenza svedese stralcerà il voto dall'agenda del Coreper II di venerdì mattina. A quel punto anche la ratifica formale prevista al Consiglio Ue Educazione del 7 marzo salterebbe. Lo scontro è dietro l'angolo. "L'impegno è stato preso da tutti i paesi membri, lavoriamo perché sia rispettato", ha spiegato il ministro francese per l'Industria Roland Lescure. E su tutto il fronte competitività l'Ue resta divisa. Da un lato c'è chi, come i nordici e l'Italia, continua a chiedere una revisione degli aiuti di Stato mirata e temporanea. Dall'altro Francia e soprattutto Germania, che per bocca del il sottosegretario tedesco Sven Giegold, ha parlato di" aggressività contro Berlino" sugli aiuti di Stato. La settimana prossima Ursula von der Leyen volerà negli Usa, dove il 10 marzo vedrà Joe Biden. Un accordo sull'Ira servirebbe, certamente, ad abbassare la temperatura tra i 27.
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