La tempesta perfetta si è abbattuta sul sistema dei trasporti alle frontiere tra Italia e Francia.
Il blocco dei mezzi pesanti al traforo stradale del Fréjus dopo la frana caduta ieri oltreconfine, in Savoia, arriva a ridosso di una data da tempo cerchiata in rosso. Lunedì 4 settembre è prevista la chiusura di 15 settimane, per lavori, del principale itinerario alternativo, il tunnel del Monte Bianco. Così, oltre ai già noti timori di Confindustria per le ricadute sul Pil di questo stop, ora aleggia anche un altro spettro: il rischio paralisi per i trasporti internazionali su gomma ai due lati delle Alpi occidentali.
Dopo il crollo di rocce nella valle francese della Maurienne, da oggi molti veicoli, non solo pesanti, si sono riversati al Bianco. Risultato: tre ore di attesa nel pomeriggio, sia a Courmayeur (Aosta) sia a Chamonix (Francia) e code analoghe attese anche nei prossimi giorni. Le previsioni del Geie-Tmb, il gestore italo-francese del tunnel, si fermano però al 4 settembre quando, dalle ore 17, è fissata la chiusura che dovrebbe durare sino al 18 dicembre. Il futuro, per ora, è un'incognita. "Rimaniamo in attesa che la concessionaria francese del traforo del Fréjus interessata dalla frana concluda le proprie valutazioni in merito ai tempi della riapertura, per poi trarre le nostre conclusioni. Al momento non sono state assunte decisioni e non abbiamo variato i nostri programmi", dice all'ANSA Riccardo Rigacci, direttore gerente del Geie-Tmb.
Il Fréjus dovrebbe assorbire il 90 per cento del traffico pesante del Bianco e quindi, se non dovesse riaprire ai camion prima del 4 settembre, a Courmayeur il rischio è di dover variare il programma per il rifacimento della volta. Un cantiere-test annunciato già da mesi e che dovrà servire a individuare metodi e tecnologie per risanare la struttura, oltre a studiare gli impatti della chiusura della galleria lunga 11,6 chilometri. Si lavorerà su un tratto di 600 metri e, in caso di esito positivo, si proseguirà per uno spazio analogo nel 2024.
Due cantieri da 50 milioni di euro.
Se la presenza di amianto e di umidità sulla volta sono i problemi tecnici da risolvere, gli impatti delle chiusure reiterate sono quelli economici. Il Bianco assorbe il 3,5 per cento del traffico leggero alle frontiere alpine e il 5,4 di quello pesante (dati 2021). L'ipotesi di altri stop di 3-4 mesi all'anno fino al 2041 "è un buco nero per questa regione e le sue imprese. L'unica alternativa a questi 2.000 giorni di chiusura è il raddoppio dell'attuale struttura, che si può realizzare nei prossimi 5-6 anni, lasciando aperta l'attuale infrastruttura che sarà poi rimodernata successivamente", sostiene da tempo Francesco Turcato, presidente di Confindustria Valle d'Aosta. La Francia, però, è da sempre contraria alla seconda canna.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA