"Il divieto alla produzione e vendita
della carne coltivata secondo Slow Food non chiude la
discussione: la apre". Lo afferma, in una nota, Barbara Nappini,
presidente di Slow Food Italia commentando il disegno di legge
proposto dal governo e firmato dal presidente della Repubblica.
"Non possiamo ridurre a battaglia ideologica un tema complesso.
Non servono provvedimenti che vietino la produzione e la vendita
di alimenti prodotti da colture cellulari o tessuti di animali
come quello appena divenuto ufficialmente legge, ma - sottolinea
la presidente Nappini - informazioni corrette, che consentano a
tutti di scegliere. Proibire è una scorciatoia. Serve un'analisi
onesta, capace di accogliere la complessità". Secondo Slow Food,
il problema di un'eccessiva produzione di carne non si risolve
passando dagli allevamenti intensivi ai laboratori, ma si
affronta analizzando e modificando il modello che ha originato
questa distorsione. Un modello che ha trasformato l'agricoltura
in industria e l'ha consegnata alla finanza, spezzando il suo
legame con la terra e la natura, trasformando un'attività
circolare (dove nulla era scarto) in un settore che produce più
del 30% delle emissioni di CO2, inquina la terra e l'acqua,
compromette la nostra salute. "Oggi una manciata di
multinazionali controlla quasi tutto: la produzione di semi,
fertilizzanti chimici, pesticidi, mangimi, prodotti
farmaceutici; la genetica animale, l'allevamento, la
macellazione, la distribuzione; perfino le compagnie nautiche
che trasportano mangimi e farine" continua Nappini. "È
sufficiente - aggiunge - dare un'occhiata all'elenco dei
finanziatori della ricerca sulla carne coltivata per capire
quale sia la direzione: da Bill Gates a Sergey Brin di Amazon a
Richard Branson della Virgin Group. Ma anche JBS, Cargill e
Tyson Foods, ovvero le stesse multinazionali che controllano la
filiera della carne". L'invito che lancia oggi Slow Food Italia
è proprio su questo: "Vogliamo aprire una riflessione su un
modello diverso di allevamento, che si ponga onestamente delle
domande sull'accesso alle risorse naturali e sul diritto alla
sovranità alimentare" conclude Nappini.
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