Circa un terzo delle persone che
soffre di emicrania è vittima di stigma associato alla malattia,
sentendosi accusato di esagerare l'impatto dei sintomi o di
strumentalizzarli per secondi fini. È quanto emerge da uno
studio coordinato da ricercatori dell'University of Vermont di
Burlington, in Usa, e presentato durante il congresso
scientifico dell'American Headache Society in corso fino a ieri
a Denver.
La ricerca ha preso in considerazione 59mila persone,
prevalentemente donne, intervistate via web tra il 2018 e il
2020. Il 31,7% dichiarava di essere vittima di stigma spesso o
molto spesso. Le due forme più comuni di stigma erano il
sentirsi dire che l'emicrania non sia un problema molto gravoso
(29,1%) e l'essere accusati di sfruttare l'emicrania per secondi
fini (14,8%), per esempio per assentarsi dal lavoro o per
sottrarsi alle proprie responsabilità.
Lo studio ha mostrato che questo atteggiamento nei confronti
dei malati tendeva a peggiorare l'impatto della malattia:
durante i giorni in cui soffrivano di attacchi di emicrania, i
pazienti che più frequentemente erano vittime di stigma
percepivano una maggiore disabilità associata alla malattia, una
maggiore preoccupazione per gli attacchi e una diminuzione della
qualità di vita.
Sulla base di questi dati, secondo i ricercatori contrastare
lo stigma potrebbe avere ricadute di rilievo sul benessere dei
pazienti: "gli sforzi clinici e di salute pubblica per ridurre
lo stigma potrebbero ridurre il carico dell'emicrania anche
senza avere effetti sulla frequenza dei giorni mensili di mal di
testa", scrivono.
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