Per chi soffre di diabete i problemi psicologici, dall'ansia alla depressione fino ai disturbi alimentari, sono sempre in agguato, e il rischio deve essere preso in considerazione da chi segue il paziente. Se affrontati, confermano due studi presentati al meeting annuale della American Diabetes Association, questi disturbi possono essere risolti evitando gli effetti sulla malattia.
"In soggetti con diabete la depressione si associa con peggior controllo glicemico, minore aderenza alla terapia, più alti tassi di ospedalizzazione e più complicanze - afferma Liliana Indelicato, esperta dell'università di Verona e della Società Italiana di Diabetologia -. Purtroppo, allo stato attuale la valutazione psicologica non fa parte della normale pratica clinica all'interno del contesto diabetologico".
Nel primo dei due studi, coordinato da Mary de Groot dell'università dell'Indiana, 140 adulti con diabete di tipo 2 e sintomi depressivi sono stati divisi in quattro gruppi. Ai soggetti del primo gruppo sono stati fatti fare esercizi con un personal trainer per 12 settimane, a quelli del secondo sono state assegnate dieci sedute di terapia cognitiva, al terzo una combinazione di esercizi e terapia mentre l'ultimo ha continuato con le cure usuali. Come ci si poteva aspettare i pazienti assegnati alla terapia cognitiva hanno mostrato una riduzione dei sintomi di depressione e un miglioramento della qualità della vita, ma lo stesso effetto si è avuto anche per quelli con il solo esercizio fisico. In più i pazienti nei tre gruppi hanno mostrato un miglioramento del controllo del glucosio rispetto a quelli con la terapia usuale. "Questo dimostra - sottolinea Indelicato - che la normale pratica clinica non funziona, servono altri interventi, e anche il solo esercizio fisico sembra avere un effetto positivo anche sui problemi psicologici".
Nel secondo studio, sempre presentato al meeting e condotto dall'università di Washington, è stata analizzata la prevalenza dei disturbi alimentari in oltre duemila giovani adulti affetti da diabete di tipo 1 e 2. Tra quelli con il diabete di tipo 1, che avevao un'età media di 17,7 anni, sono stati trovati problemi di questo tipo nel 20% dei casi, mentre tra quelli con malattia di tipo 2, che invece avevano un'età media di 21,8 anni, la percentuale era addirittura del 50%. I disturbi erano più frequenti nelle donne e in chi era in sovrappeso, e a trainarli secondo i ricercatori è l'importanza data al peso e alla dieta nella gestione della malattia. "Questo studio è importante perchè permette espone le caratteristiche di vulnerabilità dei pazienti - sottolinea l'esperta -. Sulla base dei risultati è possibile individuare i pazienti più a rischio e valutare un approfondimento psicologico e un counseling appropriato, che sia incentrato su consigli sugli stili di vita per i pazienti e le famiglie piuttosto che su una dieta strutturata incentrata sul peso corporeo".
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