Fumo di sigaretta, pressione, funzionalità renale, zuccheri e grassi nel sangue: tenere sotto controllo questi 5 fattori riduce il rischio di mortalità per infarti e ictus in persone con diabete di tipo 2. E a beneficiarne sono soprattutto i pazienti relativamente giovani, sotto i 55 anni. La buona notizia arriva dai risultati di un ampio studio pubblicato su The New England Journal of Medicine.
Realizzato presso la Sahlgrenska Academy dell'Università di Göteborg, lo studio si basa sui dati del Registro Nazionale Svedese del Diabete relativi a circa 300.000 pazienti osservati nel periodo 1998-2014. Confrontandoli con i dati di persone senza malattia, i risultati mostrano che ci sono individui con diabete di tipo 2 che hanno solo il 10 per cento di rischio più elevato di morte prematura per infarto e ictus rispetto alla popolazione generale e un rischio di insufficienza cardiaca del 45% più alto. Dall'altra parte dello spettro, ci sono individui con diabete di tipo 2 che hanno un rischio dieci volte maggiore di morte per infarto, e un rischio di cinque volte maggiore di insufficienza cardiaca e ictus rispetto al gruppo di controllo.
A fare la differenza, è il controllo di 5 fattori di rischio: pressione sanguigna, glicemia a lungo termine, grassi nel sangue, funzionalità renale e il fumo di sigarette. "Modificando questi cinque fattori, abbiamo dimostrato che i rischi possono essere notevolmente ridotti e in alcuni casi possono persino essere eliminati", afferma Aidin Rawshani, l'autore principale. "Lo studio - spiega Giorgio Sesti, past president della Società Italiana di Diabetologia (Sid) - conferma il fumo come il grande fattore di rischio per i diabetici: aumenta da due a quattro volte il rischio di eventi cardiovascolari nella persone con diabete rispetto a coloro che non lo hanno". Inoltre mostra che il rischio di complicanze è maggior in persone sotto i 55 anni. "E' infatti noto - conclude l'esperto - che il diabete accelera i processi di aterosclerosi che si presentano precocemente nelle persone con questa malattia. Quindi proprio i pazienti più giovani sono quelli in cui è più importante trattare i fattori di rischio".
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