Contro i sarcomi, tumori rari e complessi da trattare, una speranza arriva dalla tecnica denominata CAR-T, che consiste nel manipolare geneticamente le cellule del sistema immunitario, i linfociti, per renderle capaci di riconoscere e attaccare il tumore. L'annuncio è del medico e ricercatore statunitense Robbie Majzner, del Lucile Packard Children's Hospital di Stanford.
"La nuova tecnica che utilizza linfociti ingegnerizzati CAR-T - ha spiegato Majzner in occasione del congresso annuale della Connective Tissue Oncology Society (Ctos) a Roma - è dimostrato che funzioni bene in tumori come la leucemia e il linfoma. La tecnica è infatti già registrata dagli enti regolatori per il trattamento, appunto, della leucemia. Abbiamo quindi tentato lo stesso approccio con il sarcoma e lo abbiamo fatto in un primo esperimento sui topi. Abbiamo quindi visto che nei topi con sarcoma trattati con la terapia CAR-T i tumori sparivano e gli animali sopravvivevano". Un primo risultato che il ricercatore definisce molto incoraggiante: "Siamo eccitatissimi per questi risultati e speriamo di avviare il prima possibile la sperimentazione sugli esseri umani. Il primo trial clinico di questo tipo al mondo - ha quindi annunciato - partirà nel giro di un anno presso l'Università di Stanford e coinvolgerà una trentina di pazienti".
Passi avanti si stanno inoltre facendo anche sul fronte delle terapie, come spiega Sant Chawla, responsabile del Sarcoma Oncology Center di Santa Monica in California: "Abbiamo completato la fase tre di sperimentazione per un nuovo tipo di chemioterapia, con la molecola aldoxorubicina, che sta dimostrando un alto tasso di risposta ed ha il grande vantaggio di non presentare effetti tossici per il cuore. La terapia sarà presto al vaglio dell'Fda, l'autorità regolatoria Usa per i farmaci". In sperimentazione anche trattamenti in combinazione tra chemioterapie e molecole immunoterapiche, che mirano a risvegliare il sistema immunitario contro il tumore: "Combinazioni - afferma Chawla - che lasciano ben sperare e che hanno fatto registrare, in fase di sperimentazione clinica sui pazienti, periodi liberi dalla malattia di oltre 6 mesi".
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