Scoperta una nuova interazione tra i recettori delle cellule nervose che apre nuove possibilità per le terapie contro il Parkinson. La ricerca nata dalla collaborazione tra il Laboratorio di Neurofarmacologia dell'Irccs 'Neuromed' di Pozzilli, l'Università svedese di Lund, l'INSERM di Montpellier (Francia), l'Università Sapienza di Roma e l'UCB Pharma (Belgio). "Una delle armi principali nella terapia della malattia di Parkinson - spiegano dal Neuromed - è la Levodopa (L-Dopa), capace di contrastare i tremori e le altre manifestazioni della patologia derivate dalla carenza di dopamina in una particolare area del cervello. Ma con il passare del tempo questo farmaco provoca effetti collaterali crescenti, principalmente movimenti involontari (discinesie) che peggiorano notevolmente la qualità di vita del paziente".
I risultati della ricerca, dunque, aprono "una strada innovativa verso la possibilità di annullare questi effetti collaterali". Lo studio, effettuato su modelli animali ha concentrato l'attenzione sull'interazione tra due tipi di recettori (molecole presenti sulla superficie delle cellule nervose capaci di ricevere i segnali chimici dei neurotrasmettitori): quelli per la dopamina (D1) e gli mGlu5, che reagiscono all'acido glutammico.
"Lo studio dimostra - dice la dottoressa Luisa Di Menna - che i recettori D1 e quelli mGlu5 interagiscono tra loro formando un complesso molecolare. Proprio questo complesso darebbe origine a cambiamenti nei sistemi di trasmissione tra neuroni che, nel corso di un trattamento prolungato con L-Dopa, porterebbero alla comparsa delle discinesie".
"L'individuazione di questo meccanismo - commenta il professor Ferdinando Nicoletti, responsabile dell'Unità di Neurofarmacologia - è molto importante perché ci apre una nuova luce su uno dei problemi principali nell'ambito della terapia del Parkinson. Il ruolo dei recettori mGlu5 combinati con quelli per la dopamina - aggiunge - indica infatti, la possibilità di intervenire farmacologicamente sul problema, ad esempio attraverso molecole capaci di disassemblare il complesso molecolare . In questo modo avremmo un'arma in più da associare alla normale terapia con L-Dopa, riuscendo a prevenire o mitigare gli effetti collaterali del trattamento. Naturalmente - conclude - siamo ancora ad un livello iniziale, e ci vorranno ulteriori ricerche prima di poter sfruttare questa opportunità".
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