L'artrosi o l'artrite reumatoide possono rendere impossibile impugnare una penna o aprire una bottiglia e per colpa di incidenti, come il taglio di una sega circolare, le dita si possono spezzare. Oggi la medicina offre nuove speranze, grazie alle possibilità di ritrovare la funzionalità delle articolazioni che può fornire il chirurgo della mano, con lo stesso principio delle protesi che vengono usate per anca, ginocchio e spalla. Le protesi sono diverse, tra cui anche quelle in silicone, che si associano a nuove tecniche operatorie come quelle sviluppate al Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma. "Le vecchie tecniche chirurgiche - spiega Vincent Joseph Mazzone, direttore dell'Unità operativa complessa dello stesso Policlinico - prevedevano la sezione dei tendini per poter arrivare alle articolazioni e protesizzarle.
Con la nuova tecnica di accesso laterale, messa a punto da noi, siamo in grado di risparmiare i tendini flessori e estensori della mano e questo permette al paziente di muovere da subito la mano". Le novità nel campo delle protesi riguardano però sia i nuovi disegni che i materiali. "Quelle più performanti per le articolazioni interfalangee - prosegue Mazzone - sono in silicone, mentre per le articolazioni metacarpo-falangee i migliori risultati si ottengono con le protesi 'anatomiche'; tra le più utilizzate, quelle in pirocarbonio. Per quanto riguarda l'articolazione alla base del pollice, le protesi di ultima generazione mimano nel disegno e nei materiali quelle utilizzate per l'anca". L'ultima frontiera è l'articolazione del polso. "La sopravvivenza media delle protesi impiantate a questo livello - ammette Mazzone - è ancora bassa: una su quattro non supera i 5 anni di vita contro, i 30 di una protesi all'anca e i 20 al ginocchio. Si sta lavorando molto allo studio della biomeccanica, ma ancor oggi è difficile replicare il movimento perfetto di un polso sano".
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