(di Alessandro Galavotti)
Una grave infezione polmonare
rischiava di ucciderla, ma non poteva essere sottoposta ad
anestesia totale perché incinta. Per questo motivo, una donna di
39 anni è stata operata da sveglia, utilizzando la tecnica dell'
'awake surgery'. Un'ora di sala operatoria durante la quale i
medici delle Molinette di Torino - dove è stato eseguito
l'intervento dopo il trasferimento dall'ospedale Mauriziano - le
hanno ripulito il polmone, salvando la vita a lei e al suo
bambino. "Me la sono vista brutta, ho pensato di non farcela, e
invece... Mi hanno salvato la vita. Anzi, ce l'hanno salvata".
Il calvario della signora Daniela inizia il primo aprile.
"Pensavo di avere una banale influenza, ma a un certo punto non
riuscivo a respirare e ho deciso di farmi portare al pronto
soccorso", racconta la donna, alla sua seconda gravidanza. È il
primo aprile e la paziente viene ricoverata nel reparto di
Pneumologia dell'ospedale Mauriziano. Le viene diagnosticato un
empiema pleurico, una infezione del cavo pleurico, ma lo stato
dell'infezione quasi sistemica.
"Per le condizioni generali della paziente abbiamo deciso
subito per l'intervento chirurgico", spiega Paolo Righini, che è
il vicedirettore della Pneumologia diretta da Roberto Prota.
Immediato il consulto con la Chirurgia Toracica delle Molinette,
diretta dal professor Enrico Ruffini, strutture legate da anni
in una proficua collaborazione, e con l'Anestesia e Rianimazione
universitaria diretta dal professor Luca Brazzi. Antibiotici e
anestesia totale potevano essere pericolosi per la 39enne e per
il feto, con un elevato rischio di aborto. "Una paziente così
non può essere addormentata, assolutamente", aggiunge il
chirurgo toracico Paraskevas Lyberis, che ha eseguito
l'intervento con il professor Ruffini, il dottor Francesco
Guerrera e l'anestesista Giulio Rosboch.
Una epidurale alle vertebre superiori e una anestesia locale
sul fianco, nel punto dell'incisione, e via con l'intervento. In
un'ora l'equipe toglie il pus e pulisce la superficie del
polmone, ma rincuora anche la paziente, cosciente e sveglia.
Sempre. "Le dicevo quando poteva tossire e quando, invece, non
doveva farlo - rivela Lyberis - Partecipava anche alle nostre
battute, interagiva, è stata davvero molto collaborativa...".
"Una vera e propria roccia", la definisce il marito, "perché non
è da tutti sopportare una cosa del genere".
Dopo l'intervento le condizioni di Daniela sono cominciate a
migliorare. "Il quadro clinico è buono, la terapia antibiotica
sta funzionando", dicono i sanitari, che nelle prossime 48-72
dovrebbero dimetterla per consentirle di continuare la
gravidanza a casa, dove ad attenderla c'è la primogenita
Cecilia, di quasi due anni e mezzo. "Chiederemo anche a lei un
aiuto per scegliere il nome del fratellino, vediamo, io e mio
marito siamo in trattativa", scherza sorridendo la donna, che
una idea però ce l'ha: "Non mi dispiacerebbe chiamarlo Giulio,
come l'anestesista che per tutto l'intervento mi ha stretto la
mano".
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