Una grave infezione polmonare rischiava di ucciderla, ma non poteva essere sottoposta ad anestesia totale perché incinta. Per questo motivo, una donna di 39 anni è stata operata da sveglia, utilizzando la tecnica dell' 'awake surgery'. Un'ora di sala operatoria durante la quale i medici delle Molinette di Torino - dove è stato eseguito l'intervento dopo il trasferimento dall'ospedale Mauriziano - le hanno ripulito il polmone, salvando la vita a lei e al suo bambino. "Me la sono vista brutta, ho pensato di non farcela, e invece... Mi hanno salvato la vita. Anzi, ce l'hanno salvata".
Il calvario della signora Daniela inizia il primo aprile. "Pensavo di avere una banale influenza, ma a un certo punto non riuscivo a respirare e ho deciso di farmi portare al pronto soccorso", racconta la donna, alla sua seconda gravidanza. È il primo aprile e la paziente viene ricoverata nel reparto di Pneumologia dell'ospedale Mauriziano. Le viene diagnosticato un empiema pleurico, una infezione del cavo pleurico, ma lo stato dell'infezione quasi sistemica.
"Per le condizioni generali della paziente abbiamo deciso subito per l'intervento chirurgico", spiega Paolo Righini, che è il vicedirettore della Pneumologia diretta da Roberto Prota. Immediato il consulto con la Chirurgia Toracica delle Molinette, diretta dal professor Enrico Ruffini, strutture legate da anni in una proficua collaborazione, e con l'Anestesia e Rianimazione universitaria diretta dal professor Luca Brazzi. Antibiotici e anestesia totale potevano essere pericolosi per la 39enne e per il feto, con un elevato rischio di aborto. "Una paziente così non può essere addormentata, assolutamente", aggiunge il chirurgo toracico Paraskevas Lyberis, che ha eseguito l'intervento con il professor Ruffini, il dottor Francesco Guerrera e l'anestesista Giulio Rosboch.
Una epidurale alle vertebre superiori e una anestesia locale sul fianco, nel punto dell'incisione, e via con l'intervento. In un'ora l'equipe toglie il pus e pulisce la superficie del polmone, ma rincuora anche la paziente, cosciente e sveglia. Sempre. "Le dicevo quando poteva tossire e quando, invece, non doveva farlo - rivela Lyberis - Partecipava anche alle nostre battute, interagiva, è stata davvero molto collaborativa...". "Una vera e propria roccia", la definisce il marito, "perché non è da tutti sopportare una cosa del genere".
Dopo l'intervento le condizioni di Daniela sono cominciate a migliorare. "Il quadro clinico è buono, la terapia antibiotica sta funzionando", dicono i sanitari, che nelle prossime 48-72 dovrebbero dimetterla per consentirle di continuare la gravidanza a casa, dove ad attenderla c'è la primogenita Cecilia, di quasi due anni e mezzo. "Chiederemo anche a lei un aiuto per scegliere il nome del fratellino, vediamo, io e mio marito siamo in trattativa", scherza sorridendo la donna, che una idea però ce l'ha: "Non mi dispiacerebbe chiamarlo Giulio, come l'anestesista che per tutto l'intervento mi ha stretto la mano".
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