Nel 2021, l'Italia ha speso 117
milioni di euro per acquistare sul mercato estero
immunoglobuline, farmaci plasmaderivati che servono a trattare
numerose patologie e che vengono prodotte tramite la lavorazione
del plasma. È il dato diffuso dal Centro Nazionale Sangue in
occasione del simposio scientifico internazionale "The supply of
plasma-derived medicinal products in the future of Europe".
A differenza di quanto avviene con i globuli rossi, le
donazioni di plasma non sono sufficienti a coprire il fabbisogno
nazionale. Il servizio sanitario nazionale è perciò costretto a
ricorrere al mercato estero per soddisfare le necessità dei
pazienti italiani, specie agli Stati Uniti.
Negli ultimi 5 anni, spiega il Centro Nazionale Sangue, la
spesa in plasmaderivati è cresciuta di circa il 26%. Si ampliato
di conseguenza l'impatto sulla spesa farmaceutica totale del
servizio sanitario: nel 2019 era il 2,5% e nel 2020 ha raggiunto
il 3,4%. La pandemia ha ulteriormente contribuito a incrementare
la spesa, causando un aumento del costo delle immunoglobuline a
uso endovenoso, che è passato dai 38 euro al grammo del 2017 ai
46 del 2021.
"Il valore dei medicinali plasmaderivati è inestimabile ma
quando c'è di mezzo il mercato un prezzo da pagare c'è sempre.
Questo perché il plasma donato è una risorsa strategica ma
limitata", ha dichiarato il direttore del Centro Nazionale
Sangue, Vincenzo De Angelis.
Il problema della dipendenza dall'estero per i plasmaderivati
non riguarda solo l'Italia, ma tutta l'Europa: nel 2020 nel
vecchio continente si è registrato uno scarto del 40% tra la
domanda di immunoglobuline e il volume di plasma raccolto per la
loro produzione. "L'esperienza del Covid-19 ci ha insegnato
l'importanza del lavoro delle piccole comunità e l'importanza di
collaborare con i partner a livello internazionale, in una sorta
di "Glocality" che deve valere anche per il sistema plasma", ha
aggiunto il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Silvio
Brusaferro.
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