Con circa 3 milioni di portatori sani
di talassemia, l'Italia è uno dei Paesi al mondo più colpiti da
questa anemia ereditaria cronica. Solo 5.000, però, sono quelli
colpiti da beta talassemia in forme grave, che necessitano di
continue trasfusioni. Portare l'attenzione su questa condizione
è l'obiettivo della Giornata mondiale che si celebra l'8 maggio.
Le talassemie sono malattie ereditarie del sangue che
comportano una diminuzione dell'emoglobina, proteina contenuta
nei globuli rossi e che trasporta l'ossigeno. "La probabilità
che nasca un bimbo malato da due portatori sani - spiega Gian
Luca Forni, direttore Ematologia presso gli Ospedali Galliera di
Genova - è pari al 25%. Si prevede un aumento dei casi nei
prossimi anni". Per questo è importante che i portatori siano
consapevoli di essere tali.
Due sono i tipi principali di talassemia, alfa e beta, dal
nome delle catene proteiche dell'emoglobina affette dall'errore
genetico. Fino agli anni Sessanta, le persone con
beta-talassemia major, la forma più grave, non sopravvivevano
oltre 10 o 15 anni. "Grazie a trasfusioni e farmaci contro
l'accumulo di ferro, la loro aspettativa di vita è molto
migliorata" spiega Roberto Lisi, responsabile Unità Operativa
Talassemia dell'Arnas Garibaldi di Catania -. Tuttavia, questi
pazienti sono condizionati dalla necessità di trasfusioni, esami
e controlli". Tutto ciò rende la loro vita un 'percorso a
ostacoli'. "Di qui - aggiunge - l'importanza di una nuova
molecola, rimborsabile in Italia, che consente la produzione di
globuli rossi maturi e cambia radicalmente le prospettive,
diminuendo di oltre il 30% la necessità di trasfusioni".
"Ogni trasfusione dura fino a 5 ore - precisa Raffaele
Vindigni, presidente Federazione Associazioni Talassemia e
Anemie Rare - e questo determina un'invalidità che si ripercuote
sulla qualità di vita e sullo stato psicologico dei pazienti.
Vanno superate quanto prima le discrepanze che esistono a
livello regionale nell'accesso al nuovo farmaco, dovute a
ritardi burocratici".
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