Dopo i sessant'anni, tanto più
frequenti sono le prescrizioni di antibiotici quanto più alto è
il rischio di sviluppare malattie infiammatorie croniche
intestinali, come il morbo di Crohn o la colite ulcerosa. È
quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori del NYU
Grossman School of Medicine che verrà presentato alle Digestive
Disease Week, il meeting dell'American Gastroenterological
Association.
La ricerca ha analizzato i dati di un database sanitario
danese concentrandosi sulle persone con più di 60 anni che
avevano ricevuto di recente una diagnosi di malattie
infiammatorie croniche intestinali. "Crediamo che negli adulti i
fattori ambientali siano più importanti di quelli genetici",
spiega uno degli autori dello studio, Adam S. Faye. "Se si
guarda ai giovani con una diagnosi di malattia di Crohn o colite
ulcerosa, c'è in genere una forte storia familiare. Ma ciò non
si verifica negli adulti, perciò ci deve essere qualche fattore
ambientale che innesca la malattia", aggiunge.
L'attenzione dei ricercatori si è focalizzata quindi sugli
antibiotici. Dalla ricerca è emerso che per ogni ciclo di
farmaci assunto durante gli ultimi 5 anni si registrava un
aumento del rischio di malattie intestinali. In particolare, per
con un ciclo di antibiotici le probabilità aumentavano del 27%,
con 2 cicli salivano del 55%, con 3 del 67%, con 4 del 96%, con
più di 5 prescrizioni del 236%. Il legame è stato confermato per
ogni classe di antibiotici, specie se erano usate per infezioni
gastrointestinali.
I ricercatori avvertono che, in termini assoluti, il rischio
rimane basso. Tuttavia, oltre all'antibiotico-resistenza, la
scoperta aggiunge un ulteriore motivo di cautela nell'uso degli
antibiotici.
Naturalmente, "la corretta gestione degli antibiotici è
importante, ma ciò non significa che evitare gli antibiotici a
tutti i costi sia la risposta giusta", avverte Faye.
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