Un gruppo di ricercatori di
Humanitas, guidato dal Maurizio D'Incalci e dal Sergio Marchini,
ha scoperto che il genoma dei tumori ovarici è caratterizzato da
tre diversi tipi di alterazioni strutturali che definiscono una
diversa prognosi, ossia una diversa sopravvivenza delle pazienti
con carcinoma ovarico al primo stadio. Questa scoperta potrebbe
migliorare la diagnosi e forse la terapia di questo tumore.
I risultati dello studio, pubblicati sull'European Journal of
Cancer, sono emersi nell'ambito di uno studio sostenuto dalla
Fondazione Alessandra Bono Onlus e da Fondazione AIRC per la
ricerca sul cancro su 205 pazienti con carcinoma dell'ovaio al
primo stadio grazie alla collaborazione di diversi centri
clinici e di ricerca italiani. "I risultati ottenuti nello
studio hanno evidenziato una caratteristica biologica importante
del tumore all'ovaio: l'instabilità cromosomica. Non tutti i
casi sono però uguali - spiega Maurizio D'Incalci, a capo del
laboratorio di Farmacologia antitumorale di Humanitas e docente
di Humanitas University -. Ci sono casi con cromosomi altamente
instabili, casi con cromosomi moderatamente instabili e casi con
cromosomi stabili. Questi ultimi hanno una prognosi più
favorevole e hanno una bassa probabilità di dare recidive".
Considerato ancora oggi uno dei tumori più difficili da
curare tra le neoplasie ginecologiche, il cancro dell'ovaio
colpisce circa 5.200 donne ogni anno solo in Italia, con 3.000
decessi solo nel 2020. Spesso la diagnosi è tardiva perché la
malattia non causa sintomi specifici nelle fasi iniziali.
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