Diversi nel modo di ammalarsi, nel manifestare i sintomi della stessa malattia, nel rispondere alle terapie e persino ai vaccini anti Covid: essere uomo o donna fa la differenza quando si parla di cure, che si tratti quelle per tumore, diabete o infarto. E' una differenza scritta negli ormoni, nella genetica, nelle abitudini, e inizia sin da piccoli. Sempre più oggetto di interesse e ricerche, la medicina di genere, "va valorizzata", secondo il ministro della Salute Roberto Speranza.
A fare il punto sullo stato dell'arte della disciplina, che parla sempre più italiano, sono stati i circa 60 interventi e 100 studi presentati al congresso della Società Internazionale di Medicina di Genere, tenuto per la prima volta in Italia, a Padova. "Dall'oculistica alla chirurgia, tutte le scienze mediche devono esser ristudiate alla luce di questo cambio di paradigma, introdotto nel 1991 negli Stati Uniti, in cardiologia, quando ci si accorse, che tutti gli esperimenti erano stati condotti su animali e esseri umani di solo genere maschile", dice Giovannella Baggio, ordinario di Medicina di Genere all'Università di Padova. Non si tratta solo di ridurre il dosaggio di farmaci in base al peso, ma di studiare il modo diverso in cui le malattie si manifestano. Ad esempio, "a parità di incidenza di tumori, l'uomo ha una mortalità più precoce. La donna sopravvive meglio alle malattie, ma rimane disabile più di frequente. Soffre più spesso di demenza perché vive più a lungo e per fattori di rischio genetici". L'uomo, aggiunge Teresita Mazzei, farmacologa all'Università di Firenze "ha una probabilità quasi 3 volte più alta di ammalarsi di infezioni, incluse quelle da batteri resistenti, e di morirne. A difendere le donne, è un sistema immunitario più efficace, grazie agli ormoni estrogeni. Ma anche diversi stili di vita: in genere fumano meno e bevono meno alcol". Le donne però hanno il 27% di probabilità in più di aver prescritti degli antibiotici e rappresentano il 60% dei ricoveri per reazioni avverse ai farmaci, inoltre, rispondono in modo diverso anche al vaccino anti Covid. Secondo uno studio dell'Istituto superiore di Sanità, condotto su operatori sanitari, i titoli anticorpali sviluppati con 2 dosi di vaccino a mRna sono maggiori nelle donne rispetto agli uomini, ma in questi ultimi il processo di declino è più lento.
L'Italia è stato il primo Paese ad approvare una legge ad hoc, con tanto di Piano Nazionale e Osservatorio, ma i dati mostrano che la sfida è ancora aperta. Lo indicarlo i dati del Programma Nazionale Esiti dell'Agenzia Nazionale dei Servizi Sanitari Regionali (Agenas): nel 53% dei casi le donne vengono operate per infarto in ritardo, ovvero oltre i 90 minuti dall'arrivo in ospedale, a fronte del 40% di quanto accade negli uomini e il rischio di morte dopo il bypass coronarico è il doppio.
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