"Le neomelanconie descrivono una
tendenza del nostro tempo, presente soprattutto nelle nuove
generazioni, a isolarsi e staccarsi dal legame, al vivere nel
chiuso piuttosto che nell'aperto. Una tendenza che era già
presente prima della pandemia, ma la pandemia l'ha amplificata e
diffusa epidemicamente, rendendola una fobia sociale, perché il
contatto con l'altro è diventato perturbante e minaccioso". E'
il parere dello psicoanalista Massimo Recalcati, che
all'Università del Friuli ha tenuto il seminario "Il paradigma
securitario e le nuove melanconie", inserito tra quelli di
estetica curati da Luca Taddio nel corso di laurea in Filosofia
e trasformazione digitale del Dip. Studi umanistici e patrimonio
culturale.
"Le neomelanconia indica una spinta a trovare rifugio e
protezione dalla vita, staccandosi dalla vita - ha proseguito
Recalcati - e colpisce il fatto che siano le nuove generazioni
le più interessate, dato che la giovinezza dovrebbe essere
invece l'età dove la vita esige l'aperto. Invece ci troviamo di
fronte a molti casi in cui il disagio giovanile prende la forma
della passione per il chiuso - ha aggiunto - e tutte le
dipendenze patologiche, compresa quella tecnologica, rientrano
in questo quadro che la pandemia ha rafforzato - ha concluso -
mostrando che l'altro è il luogo di trasmissione di
un'infezione mortale".
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