Il 16 aprile è la giornata nazionale
per la donazione di organi e tessuti. Il Policlinico Gemelli
Irccs è il primo polo del Centro-Sud per il trapianto di rene da
vivente e per celebrare la giornata, ha organizzato un convegno
sulla donazione di rene da vivente e, dal 17 al 19 aprile,
allestirà un punto informativo presso l'ingresso principale. Il
desk sarà presidiato da coordinatrici trapianti, medici,
psicologi, infermieri della dialisi e del reparto trapianti e
pazienti trapiantati, che daranno informazioni su donazioni e
trapianti. Vi sarà anche la possibilità di esprimere il consenso
alla donazione, in collaborazione con l'Associazione Italiana
per la Donazione di Organi Tessuti e Cellule (Aido). Perché
donare un organo? "È una procedura che si pratica da 70 anni -
chiarisce Giuseppe Grandaliano, Direttore dell'Unità Operativa
Complessa di Nefrologia del Gemelli - nel caso della donazione
da cadavere, con un singolo atto si restituisce la vita ad
almeno 9 persone (reni, cuore, polmoni, pancreas, intestino,
fegato e cornee). E non bisogna avere paura, perché l'Italia ha
una legislazione tra le più stringenti del mondo. Eppure, le
opposizioni alle donazioni da cadavere anche al Gemelli sono
ancora il 30%, in linea con il dato nazionale". Vi è poi la
donazione d'organo da vivente. È possibile donare in vita un
rene o una porzione di fegato e, dal 2012, è consentito anche il
trapianto parziale tra persone viventi di polmone, pancreas e
intestino. "Oggi la donazione di un rene per una persona sana -
conclude Massimo Cardillo, direttore del Centro Nazionale
Trapianti - è un'operazione sicura. Quando il paziente con
insufficienza renale irreversibile si presenta al Centro
Nefrologico deve essere informato di questa possibilità,
valutando nella famiglia se c'è la disponibilità di un donatore
compatibile. Questo passaggio purtroppo non viene sempre fatto
in Italia; ecco perché la donazione di rene da vivente stenta a
decollare, con numeri stabili da 5-6 anni". In Italia si
eseguono circa 2 mila trapianti di rene ogni anno, poco più di
300 da donatore vivente. Una quota ancora marginale rispetto a
Francia o Spagna. "Il fabbisogno è elevato - conclude però
Cardillo -abbiamo in lista circa 6.000 pazienti e spesso il
tempo d'attesa supera 3 anni".
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