Prevenire gravi patologie nelle
persone che hanno lavorato a contatto con l'amianto. La Asl di
Oristano ha fatto da apripista in Sardegna per un progetto
assolutamente innovativo a livello mondiale. L'azienda sanitaria
è stata la prima a sottoporre 48 residenti nel suo territorio ad
una serie di test per individuare marcatori precoci, ovvero
sentinelle di malattie.
Il progetto Arrdia (Asbestos related respiratory diseases in
industrial areas) proposto da Roberto Cherchi, direttore della
struttura complessa di chirurgia toracica dell'Arnas Brotzu di
Cagliari e finanziato con fondi europei, è partito dal
territorio dell'oristanese in collaborazione con l'associazione
regionale ex esposti amianto, presieduta da Giampaolo Lilliu.
Per tre anni i prelievi ed esami sono stati orientati a
individuare gli indicatori di tre gravi patologie, sviluppate
dall'inalazione di "Absestos", piccole fibre di amianto: i
risultati si conosceranno tra settembre e ottobre. Ad esserne
interessati non sono solo gli operai, ma anche i loro familiari,
come le mogli che pulivano gli indumenti dei propri mariti,
contaminati dall'amianto. "A distanza anche di oltre trent'anni
questo pericoloso contatto può sviluppare nell'organismo il
tumore al polmone, la forma di tumore che provoca più decessi
nel mondo. O il tumore alla pleura, la forma di tumore meno
curabile e l'interstiziopatia polmonare absestosica, che causa
difficoltà nella respirazione e rischia di condizionare in
peggio la vita di chi subisce questo tipo di danno - spiega
Cherchi - Abbiamo cercato questi marcatori precoci non solo nel
sangue, ma anche nel respiro, composto da gas e vapore acqueo.
Con una nuova apparecchiatura abbiamo raccolto le parti acquose
del respiro ed ora vogliamo capire se nel sangue e nel respiro
si trovi lo stesso tipo di molecole".
Una sperimentazione, che rappresenta una novità a livello
mondiale e che verrà replicata nel centro di ricerca sul cancro
più importante dell'India, il Tata Memorial Hospital, in
collaborazione con l'Università di Cagliari e la ricercatrice
Sara de Matteis.
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