Una persona su 30 è portatrice sana di fibrosi cistica, ovvero non presenta sintomi ma può trasmettere le mutazioni della malattia ai figli. Nella maggior parte dei casi però ignora di esserlo. Da qui prende il nome il progetto '1 su 30 e non lo sai', lanciato dalla Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica alla vigilia della Giornata Mondiale dedicata alla malattia genetica rara più diffusa in Europa. Obiettivo, favorire lo screening su persone sane che potrebbero trasmettere il gene mutato ai figli.
Una persona ogni 3000 nasce con la fibrosi cistica, malattia grave multiorgano e degenerativa che non ha una cura risolutiva.
Il Servizio Sanitario Nazionale offre il test per identificare i portatori ma è rivolto solo a soggetti considerati ad alto rischio di poter mettere alla luce un bambino affetto.
"Purtroppo, però, com'è accaduto a noi, - spiega il presidente della Fondazione Matteo Marzotto - la diagnosi di un figlio con fibrosi cistica colpisce i neogenitori, quasi sempre ignari di essere portatori sani". Per colmare il vuoto formativo la Fondazione lavora da anni, ora anche con il sito testfibrosicistica.it, per favorire una scelta genitoriale consapevole.
Uno studio condotto in Italia suggerisce l'esistenza di un'associazione tra lo screening sulla popolazione per individuare i portatori di fibrosi cistica indipendentemente dal grado di familiarità, e la diminuzione dell'incidenza della patologia. "Da un punto di vista economico - commenta Lucrezia Ferrario coordinatore Hd Lab - Healthcare Datascience dell'Università Cattaneo - emerge che, a sei anni dall'introduzione dello screening del portatore per adattare la struttura a un maggiore volume di prestazioni, è possibile ottenere un ritorno di investimento".
Un'ipotesi che vede favorevole il sottosegretario alla salute Marcello Gemmato. "È importante - ha detto - immaginare un'azione di screening di massa dei cittadini in età fertile per evidenziare, in maniera predittiva, la patologia e far seguire il giusto percorso di cura e di approccio. Questo può servire a ridurre la spesa del Servizio sanitario e soprattutto a far star meglio i cittadini affetti da questa malattia".
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