Sono circa 400mila gli italiani con obesità e scompenso cardiaco, due patologie legate a doppio filo ed entrambe in continua crescita nel nostro Paese, dove gli obesi sono circa 6 milioni e i pazienti con insufficienza cardiaca oltre 1 milione. Una combinazione che può aumentare fino all'85% il rischio di eventi cardiovascolari fatali, rubando almeno 6 anni di aspettativa di vita ma che è ora possibile trattare con un farmaco specifico anti-obesità, la semaglutide. E' quanto emerge in occasione dell'84esimo Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia (Sic), in corso a Roma.
"Lo studio Select pubblicato sul New England Journal of Medicine, dimostra che questo farmaco, iniettato sottocute una volta alla settimana, riduce del 20% il rischio di mortalità cardiovascolare, infarto e ictus", sottolinea Pasquale Perrone Filardi, presidente Sic e direttore scuola di specializzazione in malattie dell'apparato cardiovascolare dell'Università Federico II di Napoli.
Per la prima volta, l'obesità diventa dunque un target farmacologico per combattere lo scompenso cardiaco. "Scompenso cardiaco e obesità sono due epidemie in rapida crescita - continua-. L'insufficienza cardiaca oggi colpisce oltre un milione di italiani e si stima un incremento del 30% dei casi entro il 2030". Il grasso viscerale e addominale è il più pericoloso. "E' quello che dovrebbe essere realmente misurato: la semplice valutazione dell'indice di massa corporea non basta - aggiunge Ciro Indolfi, past president della Società Italiana di Cardiologia e ordinario di cardiologia all'Università degli studi Magna Grecia di Catanzaro-. E' necessario valutare anche la distribuzione del grasso. L'obesità fa male al cuore, la probabilità di avere un infarto, un ictus o un evento cardiovascolare fatale aumenta dal 67 all'85% rispetto a chi è normopeso". Un impatto significativo sulla pratica clinica verrà dal trattamento con semaglutide . "Riduce l'infiammazione ( - 43,5% dei valori di proteina C reattiva) e comporta una maggiore perdita di peso (-13%) rispetto al placebo", conclude Gianfranco Sinagra, direttore Dipartimento Cardiotoracovascolare Asugi e Università di Trieste.
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