Dal 1975 al 2019, in Usa la mortalità per cancro al seno si è ridotta del 58%, passando da 48 decessi per 100 mila donne a 27 per 100 mila. I progressi sono da attribuire per il 25% agli screening, per il 29% ai miglioramenti nel trattamento in fase metastatica e per il 47% a quelli negli stadi compresi tra I e III. È quanto emerge da uno studio coordinato da ricercatori della Stanford University e pubblicato sul Journal of the American Medical Association.
Lo studio ha passato in rassegna i dati sulla mortalità per tumore al seno negli ultimi 45 anni applicando modelli matematici per stimare l'apporto ai progressi da ogni innovazione terapeutica e diagnostica.
Una delle scoperte più rilevanti dello studio è che, se i progressi nelle forme più precoci di malattia sono osservabili nel passato più lontano, "i miglioramenti nella sopravvivenza dopo la comparsa di metastasi si sono concentrati in gran parte negli ultimi 10 anni, con un miglioramento medio della sopravvivenza di 1,4 anni", si legge in un editoriale publicato a corredo dello studio. Questo risultato è lo specchio di una grande disponibilità di farmaci per le forme metastatiche della malattia: negli ultimi anni ne sono arrivati sul mercato 26, un numero 6 volte più alto rispetto a quelli indicati per le forme precoci.
Tra le forme tumorali, quelle che hanno goduto di maggiori progressi sono quelle positive per i recettori ormonali, mentre altri tipi di tumore al seno presentano ancora una mortalità più alta. Anche in questo campo si intravedono, però, novità: "Vale la pena richiamare l'attenzione sull'emergere di promettenti coniugati farmaco-anticorpo nel cancro al seno metastatico, che devono ancora essere approvati per la malattia in stadio iniziale ma mostrano una promessa significativa per il cancro al seno triplo negativo", aggiunge l'editoriale.
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