Farcela da sole a volte non basta. Lo sanno bene oltre 17 milioni di italiane, tra i 45 e i 55 anni, alle prese con i sintomi della menopausa e perimenopausa che, a seconda dei casi, trovano sollievo facendo ricorso alla terapia ormonale sostitutiva. Eppure, l'ultima serie di studi pubblicati dalla rivista scientifica The Lancet ha riacceso il dibattito sul tema, sottolineando "l'importanza di approcci alternativi", come per esempio la terapia comportamentale, per la gestione di una fase della vita che spesso "viene trattata come una malattia", gestita con "un'eccessiva medicalizzazione" e un "semplicistico aumento di prescrizioni di estrogeni". In realtà, non esiste una ricetta valida per tutte. Se diverse sono le soluzioni a disposizione per ridurre alcuni sintomi come vampate, sudorazioni notturne, secchezza vaginale o insonnia, ciò non significa che le donne debbano ricorrere al fai-da-te, come sottolinea Giovanni Scambia, Direttore Scientifico di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Ordinario di Ostetricia e Ginecologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. "Le donne oggi trascorrono in menopausa circa un terzo della loro vita e hanno a disposizione tante soluzioni che consentono loro di vivere questo tempo in maniera ottimale - spiega -. A volte, però, l'automedicalizzazione è più un rischio che un concreto aiuto e anche gli integratori andrebbero presi sotto controllo medico". Quanto alla terapia ormonale sostituiva questa "non va demonizzata ma contestualizzata in base alla paziente che abbiamo di fronte, alla sua familiarità con alcune patologie come per esempio l'osteoporosi o il rischio di malattie cardio-metaboliche. Ma non c'è una regola assoluta - continua-.
E' chiaro che in assenza di grossi sintomi, si può anche valutare un approccio alternativo, ma di fronte a una paziente con ricorrenti vampate, per esempio, la terapia ormonale andrebbe prescritta. La possibilità che possa aumentare il rischio di tumori alla mammella o all'utero in alcuni casi c'è, ma se la terapia è bilanciata e soprattutto personalizzata, è un rischio calcolato che si puo' gestire perché tanti i potenziali benefici per la paziente." Una paziente spesso alle prese con un carico di stress da lavoro e impegni quotidiani che i sintomi della menopausa mettono a dura prova. "La sintomatologia è varia. Alcune conseguenze della carenza estrogenica devono per forza essere trattate con terapie mediche e non vanno sottovalutate - aggiunge Paola Villa, responsabile UOS ginecologia della terza età, ambulatorio menopausa e osteoporosi e follow up integrato per le pazienti oncologiche-. Si rischia di far passare certe sintomatologie come poco significative e trascurarle". Ma pensare di prevedere il momento esatto in cui si andrà in menopausa con i test rapidi attualmente in commercio, simili ai test di gravidanza da eseguire a domicilio, e credere così di saperla gestire meglio, o affidarsi a rimedi naturali per ridurne i sintomi, non significa prevenzione.
"L'autogestione è riduttiva e a tutto svantaggio della donna - continua Villa-. Non abbiamo bisogno di un test per misurare il FSH per sapere se si è in menopausa. Spesso sono poco attendibili perché il FHS può fluttuare e comunque non possono sostituire l'approccio medico che permette di fare il punto sullo stato di salute generale, anche in previsione degli anni successivi. Così come tanti altri prodotti in commercio pensati per la menopausa non possono essere la soluzione. Se non vogliamo troppo medicalizzare la menopausa ma poi trattarla con questi approcci avremo grossi problemi per la salute delle donne perché non risolvono sintomatologie importanti", conclude.
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