La progressiva diffusione della
dialisi peritoneale al posto dell'emodialisi porterebbe per il
servizio sanitario a un risparmio nell'arco di 5 anni di 171
milioni di euro. È quanto emerge da uno studio condotto
dall'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari
(Altems) dell'Università Cattolica del Sacro Cuore presentata a
Roma.
In Italia si stima che l'8-10 per cento della popolazione
soffra di malattia renale cronica, anche se nella maggior parte
dei casi, non sa di esserne affetto poiché la diagnosi giunge
spesso in fase tardiva. Circa 45 mila quelli in dialisi.
La dialisi peritoneale, a differenza dell'emodialisi, non
depura il sangue con un apparecchio esterno, ma sfruttando il
peritoneo, la membrana che riveste l'addome e può essere
effettuata in autonomia dal paziente al proprio domicilio. "É
ancora poco diffusa in Italia ma si tratta di una terapia
clinicamente efficace che consente ai pazienti di essere curati
a domicilio in autonomia, senza bisogno di accedere
continuamente in ospedale con un'ottima qualità di vita",
afferma Marco Oradei, responsabile del Laboratorio Hta di
Altems. "Dal punto di vista del Servizio sanitario nazionale si
configura la possibilità di liberare risorse economiche
importanti, di alleggerire il carico di lavoro nei Centri
dialisi, consentendo una migliore sostenibilità dell'intero
sistema", aggiunge.
"Il report di Altems, redatto con una metodologia di Health
technology assessment robusta, suggerisce importanti opportunità
per migliorare l'erogazione di prestazioni dialitiche
domiciliari a chi soffre di patologia renale cronica, in un
contesto di efficacia clinica di qualità di vita dei pazienti e
di sostenibilità economica", commenta Americo Cicchetti,
direttore della direzione generale di Programmazione sanitaria
del ministero della Salute.
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