In Italia ci sono quasi due milioni di donne che hanno scoperto di avere un tumore e sono vive dopo la diagnosi di cancro, il più alto numero registrato in Europa. È la dimostrazione "dell’eccellente livello del Sistema sanitario nazionale, ma al contempo si registra un'attesa di 14 mesi, troppi, per accedere ai farmaci innovativi. Vanno ridotti i tempi e delineati nuovi modelli". Lo ha sottolineato il presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), Francesco Perrone, nella conferenza stampa della società scientifica al Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco), in corso a Chicago e dedicato proprio ai progressi della cura del cancro.
In Europa, dal 1988 a oggi, i progressi contro i tumori hanno salvato più di 6 milioni di vite. Risultati ottenuti grazie alla combinazione di più fattori: riduzione del fumo di sigaretta e maggiore attenzione agli stili di vita sani, più diagnosi precoci grazie agli screening, terapie sempre più efficaci e multidisciplinarietà. Il risultato è che oggi in Ue sono 23,7 milioni i cittadini (12,8 milioni donne e 10,9 milioni uomini) vivi dopo una diagnosi di cancro, con un aumento del 41% in 10 anni (2010-2020). E il nostro Paese fa registrare nel Vecchio Continente il più alto numero di donne vive dopo la diagnosi in rapporto alla popolazione (6.338 casi per 100mila abitanti, pari a circa 1.939.000 donne).
È la "dimostrazione dell’eccellente livello del nostro Ssn - afferma Perrone -. Tuttavia c'è una forte criticità: devono essere affrontati aspetti organizzativi, a partire dai tempi troppo lunghi per l’accesso all’innovazione. In Italia, i cittadini colpiti dal cancro attendono ancora oltre un anno per poter essere trattati con terapie innovative già approvate a livello europeo".
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