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Tumore al polmone avanzato, una cura mirata riduce il rischio di morte dell'84%

Tumore al polmone avanzato, una cura mirata riduce il rischio di morte dell'84%

Nella forma a piccole cellule è efficace l'immunoterapia

CHICAGO, 03 giugno 2024, 18:36

Redazione ANSA

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

   La terapia mirata con la molecolaosimertinib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte dell'84% nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) - la forma più diffusa - di stadio III non operabile e con mutazione del gene Egfr.

 

I dati arrivano dal nuovo studio Laura presentato in sessione plenaria al congresso dell'American Society of clinical oncology (Asco) in corso a Chicago. Osimertinib prolunga la sopravvivenza libera da progressione di malattia di più di tre anni. I risultati sono pubblicati contemporaneamente sul New England Journal of Medicine. Sempre all'Asco è stato presentato anche lo studio Adriatic, che dimostra come la molecola durvalumab sia la prima immunoterapia che mostra un beneficio di sopravvivenza nel tumore del polmone a piccole cellule di stadio limitato, riducendo il rischio di morte del 27%. Passi avanti importanti, dunque, nel trattamento di due forme di tumore del polmone particolarmente aggressive e caratterizzate da bisogni clinici finora insoddisfatti.

 

Video De Marinis: 'Nuova terapia riduce rischio di progressione del tumore del polmone avanzato'

 

 

"Gli straordinari risultati di sopravvivenza libera da progressione di malattia dello studio di Fase III Laura rappresentano un importante passo avanti per pazienti per i quali non sono disponibili trattamenti mirati", afferma Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell'Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano e presidente di Aiot (Associazione Italiana di Oncologia Toracica). Osimertinib "ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte dell'84%, un risultato senza precedenti. Sulla base di questi dati - conclude - questa terapia mirata dovrebbe diventare il nuovo standard di cura per questi pazienti".

 

 



   

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