ROMA - Da 670 piccole unità sanitarie locali a 180 grandi aziende sanitarie, un'evoluzione non senza burrasche e attriti, quella che ha trasformato la sanità a livello locale in un'azienda e che ha portato al risanamento dei conti e al miglioramento delle cure. Le tappe del cambiamento verso l'aziendalizzazione della sanità italiana, inizialmente difficile da gestire, è stata illustrata oggi nel corso della tavola rotonda "Un nuovo management per nuovi modelli di governance" ospitata presso la prima convention del management della Sanità organizzata dalla Federazione delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso).
"Negli anni '80 - spiega Angelo Tanese, direttore generale Asl Roma 1 - si contavano 670 unità sanitarie locali o usl, con una popolazione media di riferimento piccola, inferiore ai 90mila abitanti, affidate a governo politico locale, e un tasso di crescita di spesa molto elevato pari al 15% annuo". Quel modello fu messo in discussione già nel 1989 la prima proposta di legge sull'aziendalizzazione. Ma e' nel 1992, con la legge 502, che vennero introdotte le aziende che accorpavano unità sanitarie diverse. Questo cambiamento repentino incontrò molte resistenze alle nuove logiche e strumenti: "il sistema non era pronto alla sfida manageriale, i direttori generali stessi erano poco selezionati e poco valutati, nello stesso tempo il sistema politico locale reagiva con insofferenza all'autonomia del manager dell'azienda sanitaria". Nel 2001, anno della riforma del titolo V della Costituzione, la situazione era quella di un sistema a geometria variabile, con un deficit di governance e la conseguente perdita di fiducia. La seconda fase dell'aziendalizzazione dal 2006 al 2016 inizia con la burrasca: crisi del Ssn, piani di rientro dal deficit, stanchezza degli operatori per il blocco del turnover ma anche per l'instabilità: all'epoca infatti la durata media dell'incarico dei direttori era ancora più bassa, e di due anni. Da più parti arriva la richiesta di cambiare assetto. Ma proprio in quel periodo emerge la forza per emergere dalla burrasca. "Il risultato - afferma Tanese - e' oggi un sistema che ha tenuto perché quello che era stato costruito erano realtà flessibili. Abbiamo oggi 180 aziende più grandi e complesse delle vecchie Usl e un equilibrio economico-finanziario del sistema. La sanità di oggi spende meno e meglio, ha ridotto posti letto e degenza media ma è anche una sanità migliore di quella di 30 anni fa. Ed un settore che innova, non solo in farmaci e dispositivi ma anche in organizzazione e processi".
Su tutto questo, afferma il presidente Fiaso Francesco Ripa di Meana, "dieci anni fa in pochi ci avrebbero scommesso ma dimostra che il sistema aveva capacità di reagire". Per il futuro, prosegue, "chiediamo che il Fondo sanitario non sia sottofinanziato, perché abbiamo bisogno di assunzioni e contratti, oltre che di un ricambio delle tecnologie obsolete". Ma nello stesso tempo, conclude, "chiediamo si metta fine alla delegittimazione delle Aziende sanitarie, investendo invece nel management sanitario affinché trovi nella competenza la sua vera fonte di legittimazione".
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Fiaso