Promuovere screening cardiologici salvavita come per i tumori, che possano raggiungere l'intera popolazione over 65 a livello nazionale. Così secondo la Sicge, la Società Italiana di Cardiologia Geriatrica, si potrebbero evitare per le sole patologie delle valvole cardiache, come stenosi aortica e insufficienza mitralica, circa 150mila decessi a cui possono andare incontro coloro che soffrono di forme gravi se non identificate precocemente o trascurate.
La società scientifica richiama l'attenzione delle istituzioni sul tema sulla base dei risultati preliminari del primo screening cardiologico per le patologie valvolari mai realizzato in Italia nell'ambito di uno studio denominato Prevasc: indica come nel nostro paese un anziano su tre abbia disturbi silenti delle valvole cardiache, tre volte più frequenti nella realtà rispetto alle ultime stime Istat (mostrano che a soffrirne sia solo 1 over 65 su 10). La ricerca, presentata oggi alla Sala stampa della Camera dei Deputati, ha coinvolto circa 1200 over 65 in dieci borghi del cuore, piccoli comuni con meno di 3mila abitanti di diverse regioni italiane, sottoposti a visita cardiologica con elettrocardiogramma ed ecocardiogramma.
L'indagine dimostra che attività di screening mirate sono fondamentali. "Dai dati raccolti nell'indagine conclusa a maggio - rileva Niccolò Marchionni, presidente Sicge - si osserva una prevalenza di circa il 30% di patologie valvolari nelle forme lieve e moderata, tre volte più alta rispetto a quella stimata fino ad oggi del 10-12%, con un'alta percentuale di ipertesi (83%), 19% di diabetici e 56% di dislipidemici. Tutte nuove diagnosi con sintomi silenti e fattori di rischio per cui gli anziani esaminati non erano in trattamento, in grado di generare negli anni successivi patologie cardiache clinicamente rilevanti".
Da qui la richiesta, secondo quanto spiega Alessandro Boccanelli, vicepresidente Sicge "dell'adozione di programmi strutturati di screening salvavita come per i tumori mammario, colon-rettale e della cervice uterina. Ciò permetterebbe un aumento del numero delle diagnosi dall'attuale 25% al 60%, consentendo di intervenire precocemente in modo da aumentare la probabilità di sopravvivenza".
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