"Sono poco più delle dita di una mano le donne ordinarie di pediatria nelle università italiane a fronte di circa 53 uomini". A spiegarlo all'Ansa è Annamaria Staiano, da oggi presidente della Società italiana di pediatria, la prima donna in 123 di storia della società scientifica. Originaria di Capri, laureata a Napoli nel 1979, la Staiano nella vita ha rotto tanti taboo. Donna del sud che ha scelto l'accademia, quando ancora le donne che si laureavano e facevano carriera erano pochissime. "Mi sono iscritta alla Facoltà di Medicina - spiega all'ANSA - convinta che non avrei mai scelto la specializzazione in pediatria, era troppo scontato per una donna. Ma subito dopo la laurea sono stata assegnata al tirocinio nel reparto di chirurgia pediatrica dell'Università Federico II di Napoli. Stando vicino ai piccoli e ai loro genitori ho realizzato che il pediatra non si prende solo cura del bambino ma anche della sua famiglia, nella globalità. Questo ha fatto scattare in me il desiderio di continuare". Una strada che è ha proseguita poi a livello accademico, non senza ostacoli. "Le donne occupano tutt'ora pochissimi posti nelle posizioni verticistiche delle società scientifiche e siamo lontanissimi dalla parità di genere. In medicina, su 50 strutture complesse di ospedali e università solo una vede a capo una donna, anche se le donne rappresentano il 60% dei medici under 50". E in ambito pediatrico universitario la situazione non va meglio: "con solo 7 donne professoresse ordinarie di pediatria nelle università italiane su 60 cattedre, anche se è donna il 74% dei medici che scelgono la specializzazione in pediatria". Con oltre 300 articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali Staiano, è oggi direttrice del Dipartimento di scienze mediche traslazionali dell'Università Federico II di Napoli. Dal 2010 al 2013 è stata presidente della Società italiana di gastroenterologia pediatrica (Sigenp) e 4 anni fa è stata eletta nel consiglio della Sip come vicepresidente. Tre le principali linee di indirizzo della sua presidenza. "Serve più armonizzazione dell'assistenza territoriale, ospedaliera e accademica, come la pandemia ci indica. In secondo luogo, il bambino deve esser considerato come un tutt'uno nella sua dimensione psicologica e fisica e questa visione olistica deve partire dalla formazione. Infine, bisogna stimolare la ricerca scientifica in pediatria, non solo sui farmaci ma anche sull'alimentazione e gli stili di vita, perché il mangiare sano da piccoli è centrale per prevenire le malattie dell'adulto". D'altronde, conclude, "le conseguenze della pandemia Covid sui più piccoli non vanno sottovalutate: c'è stato un pericoloso aumento dell'obesità di pari passo con sedentarietà, isolamento e consumo di alimenti non sani".
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