Dimostrata l'efficacia di un anticorpo monoclonale (emapalumab), contro una rara ma grave complicanza delle malattie reumatiche nell'infanzia, la sindrome da attivazione macrofagica.
È il risultato del trial clinico internazionale coordinato dal Bambino Gesù e reso noto sulla rivista Annals of the Rheumatic Diseases. I risultati, annunciati alla vigilia della giornata mondiale delle malattie reumatiche (domani), prendono le mosse dalla scoperta, nel 2017 sempre grazie all'ospedale Pediatrico della Santa Sede, delle cause di questa condizione potenzialmente letale nel 30% dei casi.
"Si tratta di una grandissima soddisfazione per tutti noi, è la chiusura di un lungo percorso di ricerca» spiega Fabrizio De Benedetti, responsabile di Reumatologia del Bambino Gesù. La sindrome da attivazione macrofagica (MAS dall'inglese: Macrophage Activation Syndrome) si manifesta come complicanza grave di alcune malattie reumatologiche (artrite idiopatica giovanile sistemica, malattia di Kawasaki, vasculiti sistemiche e lupus eritematoso sistemico). È caratterizzata da un'attivazione fuori misura dei macrofagi, le cellule "spazzino" che abitualmente eliminano le cellule infette, ma che in questa malattia eliminano anche le cellule sane. A seconda delle forme, può causare la morte fino al 30% dei casi. Al Bambino Gesù vengono diagnosticati e curati circa 15 nuovi piccoli pazienti l'anno.
Nel 2017 i ricercatori del Bambino Gesù avevano già scoperto che è l'interferone-gamma la molecola che causa la sindrome da attivazione macrofagica. L'interferone-gamma viene prodotto in grande eccesso nel fegato e nella milza, gli organi principalmente coinvolti nella MAS. Questa scoperta ha reso possibile la ricerca di una cura efficace.
Il trial clinico dimostra l'efficacia di un anticorpo monoclonale emapalumab, che neutralizza l'interferone gamma. La sperimentazione ha coinvolto 14 pazienti di 2-25 anni, seguiti sia al Bambino Gesù che in alcuni Centri in Francia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. La remissione completa dalla MAS è stata ottenuta in 13 pazienti dopo una media di 25 giorni di trattamento.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA