"Il 14% delle donne italiane con
tumore al seno oggi muore perchè il percorso di cura non è
ottimale o adeguato, o perchè si arriva tardi alla cura o agli
esami da eseguire per problemi organizzativi, in mancanza di una
Rete oncologica che possa guidare la paziente". Ad affermarlo è
l'oncologo Oscar Bertetto, segretario dell'associazione
'Periplo' e direttore del Dipartimento Interregionale Rete
Oncologica del Piemonte e della Valle d'Aosta.
"Si evince infatti dai Registri Tumori - sottolinea Bertetto
in occasione del convengo nazionale promosso da 'Periplo' per
fare il punto sull'attuazione delle Reti oncologiche - che c'è
una grande differenza nei tassi di sopravvivenza tra i pazienti
oncologici delle diverse Regioni, organizzate in modo
differente". Le Reti, infatti, rileva, "per i pazienti sono come
la rete del circo sotto i trapezisti: in caso di caduta evita il
peggio. Ma perché funzioni bisogna che sia stesa prima
dell'esercizio e che non abbia buchi. Quindi la Rete oncologica,
perchè sia efficace, deve prendere in carico il malato
dall'inizio del percorso e deve coprire tutto il territorio".
"L'elaborazione di Percorsi diagnostico terapeutici e
assistenziali (PDTA) condivisi - sottolinea inoltre Francesco
Cognetti, direttore Oncologia Medica dell'Istituto Nazionale
Tumori Regina Elena di Roma e presidente della Fondazione
'Insieme Contro il Cancro - e la loro applicazione nell'ambito
di reti assistenziali codificate rappresenta una concreta
risposta al difficile equilibrio fra innovazione e
sostenibilità. E' però fondamentale che questo processo non sia
'subìto' dai clinici e dai pazienti, che anzi dovrebbero
rappresentare gli attori di questi cambiamenti".
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