In Italia, tra le donne vittime di violenza, una su tre è aggredita dal partner, ed il fenomeno sta diventando allarmante anche tra le bambine, sempre più oggetto di brutalità. E' sulla base di questi dati che si celebra il 25 novembre la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Violenze che, se in Occidente sono perpetrate per mano degli uomini spesso 'più vicini', in altri Paesi possono assumere forme diverse, legate anche ad un preciso retaggio culturale: è il caso di molti paesi africani dove, ad esempio, le donne vittime dell'odiosa pratica della mutilazione genitale femminile sono circa 200 milioni.
Infibulate, escisse, circoncise, sono dunque 200 milioni le giovani donne e bambine che, in una trentina di Paesi africani e mediorientali, afferma l'Unicef, nel 2015 hanno subito mutilazioni genitali da cui saranno segnate per sempre a livello psicologico e fisico soprattutto con infezioni, ma anche con maggiore mortalita' e dolore quando partoriranno. In questi paesi si tratta di pratiche tradizionali e 'necessarie' affinche' le donne siano considerate rispettabili, illibate, pronte per essere spose e madri. Ma per il resto del mondo si tratta di atti di barbarie. E poichè la violenza non è solo quella brutale, in questa giornata i riflettori andrebbero accesi anche sui 70 milioni di spose bambine nel mondo: il matrimonio precoce, che nell'Asia meridionale tocca percentuali superiori al 45%, e' considerato espressione di una violazione dei diritti umani. Se la tendenza proseguira' con l'andamento registrato fino ad ora, di qui al 2020 circa 142 milioni di bambine si saranno sposate prima di aver compiuto 18 anni, cioe' 37mila ogni giorno, rilevano varie associazioni.
In Italia, invece, una donna su tre è aggredita dal partner e, tra quelle gravemente abusate, più dei due terzi accusano sintomi di stress da disordine post-traumatico a tre mesi dalla violenza. Hanno tra i 15 e i 49 anni, più di un terzo sono straniere. E' proprio questa la fotografia della donne vittime di violenza che emerge dai dati di un progetto coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità. Allarme anche per le bambine: per il 17,9% di quelle fino ai 14 anni, la causa di accesso al pronto soccorso per violenza, è una aggressione sessuale. Le conseguenze della violenza sullo stato di salute della donna assumono livelli di gravità che possono essere fatali, dal femminicidio, all'interruzione di gravidanza, o molto invalidanti come conseguenze di trauma (ustione, avvelenamento o intossicazione) e psicologiche con problemi di salute che includono il Post Traumatic Stress Disorder (PTSD), depressione, abuso di sostanze e comportamenti auto-lesivi, tentativi di suicidio, disturbi alimentari, sessuali. Il progetto è del Centro per il controllo delle malattie (supportato dal Ministero della Salute) e "REVAMP (Repellere Vulnera Ad Mulierem et Puerum) - Controllo e risposta alla violenza su persone vulnerabili", coordinato dall'ISS e dall'Ospedale Galliera di Genova, che fa parte della rete ospedaliera che raccoglie i dati sulla violenza, nell'ambito dell'Injury Database europeo (IDB).
Dai dati emerge che per le donne vittime di violenza in età fertile (15-49 anni), oltre il 35% dei casi è dovuto ad aggressione da parte del coniuge o partner sentimentale (nei maschi è meno del 10%). Quasi l'85% dei casi di violenze su donne è compiuta da conoscenti (nei maschi tale percentuale è inferiore al 40%). "Nei pronto soccorso che hanno partecipato alla rilevazione - dice Alessio Pitidis dell'ISS, coordinatore per l'Italia della sorveglianza dell'Injury Database europeo - emerge che per le donne in età fertile vittime di violenza la seconda causa di accesso in PS è stata la violenza sessuale: un caso ogni venti. La violenza viene più spesso (88% dei casi) compiuta a mani nude o con violenza fisica, senza uso di strumenti d'offesa". A 3 mesi dalla dimissione ospedaliera il 67,5% delle donne adulte vittime di violenza domestica o sessuale soffriva di stress da disordine post-traumatico. Un valore paragonabile a quello delle vittime dirette di grandi disastri, compresi attentati terroristici. "La presenza di una rete di servizi socio-assistenziali capillare, capace di interagire, dialogare e scambiare efficaci prassi metodologiche - dice Eloise Longo, coordinatrice del progetto REVAMP - è un modo per far emergere il fenomeno della violenza e sconfiggere il senso di isolamento e solitudine che circonda le donne. La rete è un modo per garantire alla donna supporto e protezione''.
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