La quantità di pollini dispersa
nell'aria, misurata dalle stazioni di monitoraggio
aerobiologico, potrà contribuire a prevedere l'incidenza di casi
umani di encefalite virale (Tbe). Lo conferma - a quanto si
apprende - una ricerca condotta dalla Fondazione Edmund Mach
(Fem) di San Michele all'Adige, in Trentino. Secondo lo studio,
la quantità di polline di alcune specie di alberi, in
particolare faggio, carpino nero e quercia, risulta relazionata
con i casi di Tbe osservati due anni dopo. Dal momento che le
quantità di polline registrate nel corso del 2020 sono risultate
molto elevate, il 2022 potrebbe rivelarsi un anno con
circolazione del virus particolarmente intensa. Le analisi sono
state svolte dalle Unità di ecologia applicata e Unità di
botanica ambientale del centro ricerca e innovazione della Fem.
La quantità di polline in aria è un indicatore della
produzione di semi da parte delle piante, che rappresentano una
risorsa di cibo importante per alcuni roditori selvatici
ampiamente diffusi nei boschi trentini, quali il topo selvatico
dal collo giallo (Apodemus flavicollis) o l'arvicola rossastra
(Myodes glareolus). Quando le risorse di cibo sono abbondanti,
le popolazioni di roditori selvatici presentano un picco
demografico l'anno successivo, che a sua volta amplificare la
circolazione dei patogeni tra gli stadi giovanili delle zecche
(Ixodes ricinus).
Fem effettua stagionalmente dei monitoraggi della diffusione
delle zecche per limitare la trasmissione dei patogeni. Inoltre
effettua degli screening molecolari per verificare la prevalenza
di infezione di specifici patogeni (Borrelia sp, Rickettsia sp e
Babesia sp, virus dell'Encefalite) nei parassiti. I dati
raccolti sono quindi utilizzati per lo sviluppo di modelli
matematici e mappe di rischio aggiornate.
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