In tutto il Paese mancano circa 4.300
medici chirurghi, "nei pronto soccorso, nei reparti e nelle sale
operatorie". I piani di rientro economici degli ultimi anni
"hanno determinato una progressiva riduzione delle risorse
strutturali e umane" che si è sommata a una profonda "crisi di
vocazione". Questo l'allarme lanciato nel corso del 124esimo
Congresso Nazionale della Società italiana di Chirurgia (Sic),
concluso ieri a Roma.
"Rispetto alle risorse strutturali - spiega il professor
Massimo Carlini, presidente della Società Italiana di Chirurgia
- nel decennio 2010-2020 abbiamo assistito alla chiusura di
circa 110 ospedali e di oltre 110 pronto soccorso, con una
riduzione di 37mila posti letto. Nelle strutture ospedaliere
sopravvissute ai tagli mancano 29mila unità lavorative: di
queste, 4.300 sono chirurghi. Nel 2020 si è registrata una
contrazione di 2 milioni e mezzo di ricoveri ordinari e di un
milione e 700mila ricoveri di day surgery e day hospital.
Parallelamente, sono diminuite anche le prestazioni diagnostiche
e ambulatoriali. Tutto questo si traduce in un incremento della
mortalità, che nel 2020 è stato pari all'85%".
E' fondamentale, aggiunge Carlini, direttore del Dipartimento
di Chirurgia dell'Ospedale S. Eugenio di Roma, "contrastare la
dilagante crisi di vocazione: sempre meno giovani scelgono di
fare il chirurgo, perché hanno di fronte un percorso lungo,
costoso e faticoso, al termine del quale non accedono a una
professione riconosciuta dalla società, adeguatamente remunerata
e tutelata da un punto di vista giuridico-medico-legale".
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