Un contratto scaduto e mai attuato, turni infiniti e aggressioni in quelli che dovrebbero essere luoghi di cura. Per questo sempre più medici lasciano il Servizio Sanitario Nazionale, scegliendo il privato o l'estero. Le conseguenze sono ospedali sempre più vuoti, file lunghissime in pronto soccorso, liste d'attesa fino a 18 mesi per visite e esami. Una situazione che mette a rischio la sopravvivenza stessa della sanità pubblica. A denunciarlo sono medici e dirigenti della sanità pubblica che sono scesi in piazza a Roma, chiedendo "un cambio di rotta, senza il quale sarà sciopero". E per venerdì 16 arriva la convocazione del ministro della Salute Orazio Schillaci. Tra bandiere e fischietti, 7 sigle unite hanno manifestato a piazza Santi Apostoli all'insegna dell'imperativo "Salvare la sanità pubblica": Anaao-Assomed, Cimo-Fesmed, Aaroi-Emac, Fassid, Fp Cgil medici, Federazione Veterinari Medici, Uil Fpl e il Coordinamento aree contrattuali medica, veterinaria e sanitaria. "Abbiamo un contratto già scaduto e non attuato, 5 milioni di giorni di ferie non usufruite, 10 milioni di ore di straordinario non retribuite".
Questo, ha detto il segretario dell'Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, rende i medici "stanchi, arrabbiati, disillusi. E ogni giorno - ha detto - sette lasciano il servizio pubblico. Dobbiamo arrestare subito l'emorragia ma servono investimenti che non si vedono in finanziaria". "Entro il 2030 circa la metà dei medici andranno in pensione. Se non si interviene con urgenza il governo sarà responsabile del fallimento del Servizio sanitario nazionale", denuncia il segretario nazionale della Fp Cgil Medici, Andrea Filippi. Solo considerando i pensionamenti, infatti, afferma il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo) Filippo Anelli, "usciranno dal Servizio sanitario nazionale, da qui al 2027, 41.000 tra medici di famiglia e dirigenti medici. In questo modo si va verso una sanità sempre più affidata ai privati, alle cooperative e alle assicurazioni". Come ha denunciato Caterina, medico di un pronto soccorso romano, in una lettera alla presidente del consiglio Giorgia Meloni.
"Quindici anni fa ho scelto di fare questo lavoro per passione". Ma "ora il pronto soccorso è diventato una trincea e le truppe sono sempre più esili". Tra straordinari non pagati, stipendi bassi e minacce dai familiari dei pazienti per le attese sempre più lunghe in attesa di un ricovero, "mi sento presa in giro". Soprattutto "quando vedo colleghi 'gettonisti' che prendono 1000 euro a turno". Il Servizio Sanitario Nazionale "sta per crollare" ma "non è vero che mancano le risorse" secondo Aldo Grasselli, presidente Federazione Veterinari e medici (Fvm): "si sperperano molti più soldi per pagare medici e infermieri a gettone" mentre i "dipendenti costano sempre meno perché i loro stipendi sono legati a contratti che non si rinnovano per anni e sono erosi dall'inflazione". "Servono almeno 5 miliardi per rimettere in sesto un Servizio Sanitario Nazionale altrimenti destinato al fallimento. E invece il governo continua ad ignorare tutte le nostre richieste", afferma Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed. "Porteremo le nostre istanze domani al ministro della Salute Orazio Schillaci. E' il momento di agire, non c'è più tempo", conclude Di Silverio. E "se non si interviene cambiando rotta immediatamente, sarà sciopero e non di un solo giorno".