Per il blocco del turnover in Italia
mancano almeno 350 nefrologi; ciò sta mettendo in difficoltà le
Nefrologie di tutta Italia, ma soprattutto si sta ripercuotendo
sulla salute dei malati di reni che spesso vedono peggiorare la
propria patologia a causa di un'assistenza insufficiente. È
l'allarme che arriva dai nefrologi nel corso del convegno
"FIRmamento della Nefrologia del Lazio", promosso dalla
Fondazione Italiana del Rene (Fir).
Gli effetti dell'insufficiente numero di specialisti sono
numerosi: "Un paziente seguito bene a livello ambulatoriale ha
molte possibilità di prevenire o ritardare la dialisi", ha
spiegato il presidente Fir Massimo Morosetti. "Il paradosso è
che oggi abbiamo farmaci che permettono di ritardare l'ingresso
dei pazienti in dialisi, ma non abbiamo professionisti a
sufficienza per seguire i pazienti a cui vanno prescritti".
La situazione è seria anche se si guarda all'offerta di
assistenza ospedaliera: "oltre ad una riduzione assoluta dei
posti letto, in molti casi i posti assegnati non sono attivati
per problemi di personale o di spazi. Molti centri di dialisi
hanno difficoltà nel garantire le attività per mancanza di
medici specialisti", ha aggiunto Morosetti. Intanto crescono
anche le difficoltà legate ai trapianti: "Il tempo medio prima
di esser messo in lista d'attesa per ricevere un rene è di 12
mesi per fare tutti gli accertamenti", ha detto Roberto
Costanzi, presidente dell'Associazione Malati di Reni.
Una volta entrati in lista d'attesa, il problema diventa la
disponibilità insufficiente di organi:"In Italia la lista
d'attesa per un rene include più o meno stabilmente 6.500
persone, e quindi i 2mila trapianti che riusciamo a fare ogni
anno non soddisfano il fabbisogno per il trattamento delle
insufficienze renali terminali", ha spiegato Massimo Cardillo,
direttore generale del Centro Nazionale Trapianti. "Abbiamo due
strade da percorrere, entrambe con eguale convinzione. La prima
è quella di promuovere il più possibile la cultura della
donazione, chiedendo ai cittadini di dare il consenso al
prelievo dopo la morte. La seconda strada è il trapianto di rene
da donatore vivente, che deve diventare una soluzione di
routine", ha concluso Cardillo.
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