Un'ampia casistica trattata,
personale medico-infermieristico dedicato, un protocollo che
prevede la presa in carico delle pazienti per ben 5 anni dalla
prima diagnosi e il loro inserimento all'interno di un percorso
diagnostico-terapeutico multidisciplinare, ma anche attenzione
agli aspetti estetici, con trattamenti di oncoplastica e
ricostruzione immediata affinché la malattia non svilisca la
femminilità.
Sono solo alcune delle 'buone pratiche' che hanno permesso al
Centro di Senologia dell'Azienda Ospedaliera San Giovanni
Addolorata di Roma, che ha accolto solo nel 2022 oltre 558 donne
con cancro al seno, di conseguire, per il settimo anno
consecutivo, la Certificazione europea Italcert-Bccert. Un
risultato raggiunto al termine di una 'site visit' di due
giorni, da parte di un team di esperti europei, finalizzata a
verificare la presenza di requisiti specifici in linea con gli
standard dei Centri più avanzati in Italia e in Europa.
Non sono molti i centri che hanno ottenuto questo
riconoscimento: 39 in tutto, quasi tutti europei, con l'unica
eccezione di un centro cinese. Di questi, 23 sono in Italia. La
maggior parte sono situati al Nord e solo tre al Centro sud: a
Ortona (Abruzzo), a Misterbianco (Sicilia) e infine a Roma, la
Brest Unit del San Giovanni Addolorata, prima e unica nel Lazio.
Un risultato importante secondo il chirurgo e senologo Lucio
Fortunato, Direttore UOC Centro di Senologia del San
Giovanni-Addolorata, non solo per la struttura e il suo team di
professionisti, ma, soprattutto, per la guaribilità delle
pazienti che vi si affidano, perché, spiega: "La guaribilità di
una donna in un Centro di Senologia multi-disciplinare è del 18%
superiore rispetto ad altri centri generalisti e non abbiamo un
singolo farmaco che sia in grado di replicare questa efficienza.
Questo vuol dire che l'integrazione multi-professionale
rappresenta ancora un parametro indispensabile".
L'incidenza del cancro della mammella sta aumentando, "con
aspetti che raffigurano i connotati di una vera e propria
pandemia", avverte Fortunato. "Se nel 1990, nel mondo, si
registravano meno di un milione di casi l'anno oggi siamo
arrivati ad oltre 2 milioni di casi, e le previsioni per la fine
del decennio sono di oltre 2.5 milioni". Tutto questo si associa
a un divario importante nelle cure, in cui a pagare sono
chiaramente i paesi più poveri, "ma anche in Italia la
differenza porta ad una discriminazione - sottolinea il chirurgo
- perché l'accesso agli screening organizzati è del 60% al Nord,
mentre al Sud non raggiunge il 25%. Anche per questo la
sopravvivenza dopo la diagnosi è di almeno 5 punti differente in
percentuale tra una donna nata a Bologna e una nata a Catanzaro,
e questo non è più tollerabile".
La mammella, conclude Fortunato, "rappresenta la prima
neoplasia per incidenza nel sesso femminile, una donna su 8
(13%) si ammalerà di cancro della mammella. In Italia si
registrano circa 55.000 diagnosi ogni anno, nel Lazio oltre
5.500. Per fortuna, la guaribilità dopo la diagnosi è molto
elevata, e circa l'89% delle donne ne esce fuori, spesso con
poca chirurgia e con terapia adiuvanti sempre più precise e meno
invasive, soprattutto se la diagnosi è stata precoce".
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