"A fronte di un netto aumento degli
iscritti ai fondi sanitari, il settore della sanità integrativa,
che include le forme di welfare aziendale, è tra i meno
trasparenti della sanità". Negli anni, "deregulation e scarsa
trasparenza" lo ha reso "uno strumento di privatizzazione della
sanità". Lo ha detto Nino Cartabellotta, presidente della
Fondazione Gimbe, ascoltato in Commissione Affari sociali del
Senato nell'ambito dell'Indagine conoscitiva su forme
integrative di assistenza sanitaria.
Ecco perché, ha detto, "è inderogabile un riordino normativo,
idealmente un Testo unico in grado di restituire alla sanità
integrativa il suo ruolo, ovvero rimborsare prevalentemente
prestazioni non incluse nei Livelli essenziali di assistenza,
per riappropriarsi della funzione di supporto al Servizio
Sanitario Nazionale".
"Le potenzialità dei fondi sanitari nel fornire prestazioni
integrative e ridurre la spesa a carico dei cittadini - ha
spiegato Cartabellotta - oggi sono poi sempre più compromesse da
una normativa frammentata e incompleta, una deregulation che ha
permesso da un lato ai Fondi di diventare prevalentemente
sostitutivi di prestazioni già incluse nei livelli essenziali di
assistenza mantenendo le agevolazioni fiscali".
Le stime di Itinerari Previdenziali riportano l'esistenza,
nel 2021, di 321 fondi sanitari e casse con oltre 15,6 milioni
di iscritti. Nel 2022 la spesa sanitaria intermediata da fondi e
assicurazioni ammonta a quasi 4,7 miliardi "ma i dati
disponibili sono frammentati e incompleti". Inoltre, ha concluso
Cartabellotta, manca trasparenza: visto che "l'Anagrafe dei
Fondi Sanitari Integrativi istituita presso il ministero della
Salute non è pubblicamente accessibile" e il report del ministro
è "basato su un dataset molto limitato".
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