La giustizia britannica ha fissato a "non prima delle 14 locali di domani" , 9 novembre, il termine per staccare le macchine che tengono in vita la piccola Indi Gregory, neonata inglese affetta da una gravissima patologia mitocondriale e al centro di un caso legale fra Italia e Regno Unito. Il giudice ha deciso che non è nell'interesse della bimba essere trasferita nemmeno a casa, e che l'atto finale dovrà avvenire in un hospice, a meno che i genitori preferiscano lasciarla nell'ospedale di Nottingham in cui è ricoverata.
La decisione è stata adottata da giudice Robert Peel, dell'Alta Corte di Londra, magistrato a cui il caso è stato affidato nelle ultime settimane nel Regno Unito. Peel ha stabilito che non sia "nel miglior interesse" di Indi un trasferimento in casa, soluzione che i genitori avrebbero preferito come extrema ratio. E ha indicato invece un hospice come il luogo più adatto, a meno che la famiglia - salvo ricorsi - non opti a questo punto per la scelta di lasciarla nel Queen's Medical Centre di Nottingham. La data e l'orario vengono indicati con la dicitura "non prima delle 14 di giovedì" per consentire la presentazione di eventuali azioni legali ulteriori. Indi Gregory, 8 mesi, ha ottenuto due giorni fa la cittadinanza italiana con un provvedimento "umanitario" di urgenza del governo di Giorgia Meloni, dopo che l'ospedale Bambino Gesù di Roma si era offerto di continuare ad assisterla. Ma tale provvedimento non ha prodotto finora effetti sulla procedura giudiziaria britannica, a dispetto del parallelo intervento con cui il console italiano a Manchester si è dichiarato ieri giudice tutelare della bimba (in quanto neo-cittadina italiana), sollevando l'ipotesi di un potenziale conflitto di giurisdizione per cercare d'indurre le autorità del Regno a una qualche intesa in extremis. I genitori, intanto, continuano a contestare le decisioni delle magistratura d'oltre Manica e la stessa prognosi "terminale" formulata nei confronti della loro figlioletta dai medici di Nottingham. Ma il verdetto di Peel, che la settimana scorsa aveva dato il via libera all'ospedale inglese a staccare la spina, è stato confermato anche dopo l'offerta del Bambino Gesù: con i ricorsi della famiglia rigettati fra giovedì e sabato dapprima dall'Alta Corte di Londra e poi anche dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.
La famiglia della piccola Indi Gregory presenterà ricorso contro la decisione del giudice. La notizia arriva da Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia onlus, e dall'avvocato Simone Pillon, che stanno seguendo gli sviluppi del lato italiano della vicenda in contatto con i legali inglesi e la famiglia.
Prima della sentenza, inoltre, comunicano Coghe e Pillon, i vertici del Servizio Sanitario Nazionale hanno minacciato di rimuovere il supporto vitale già oggi, senza la presenza dei familiari. La sentenza è stata emessa nonostante il Governo italiano abbia concesso la cittadinanza a Indi e abbia emesso misure di emergenza, tramite il console italiano a Manchester, che ne autorizzano il trasferimento all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Ieri, il 7 novembre, il giudice Peel ha tenuto un'udienza online urgente per risolvere la controversia su dove sarebbe stato rimosso il supporto vitale. Il piano di assistenza del National Health Services Trust inglese stabilisce che "i genitori dovrebbero essere supportati nel decidere dove sarebbe meglio fornire l'assistenza", ma ciò, sottolineano Coghe e Pillon, non è stato preso in considerazione. Al momento, il curatore italiano della minore sta tentando di negoziare una soluzione con i medici del Queen Medical Center di Nottingham che consenta di risolvere l'intricata situazione senza ricorrere al conflitto di giurisdizione.
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