Nell'80% dei casi sono prevenibili. Nonostante ciò, le malattie cardiache restano la principale causa di morte in tutto il mondo con circa 20 milioni di decessi annui. Ipertensione, colesterolo alto, dieta scorretta, inquinamento atmosferico sono i principali fattori modificabili che potrebbero ridurre questo carico di mortalità. Inoltre la prevenzione cardiologica sembra essere ferma malgrado gli sforzi per migliorare gli stili di vita. È quanto emerge dal 'Global Burden of Cardiovascular Disease' pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology (Jacc). Il rapporto valuta l'impatto delle malattie cardiovascolari e dei fattori di rischio che le determinano tra il 1990 e il 2022.
In questo lasso di tempo il numero globale di decessi dovuti a malattie cardiovascolari è aumentato, come conseguenza dell'aumento della popolazione mondiale e dell'innalzamento dell'età media, passando da 12,4 milioni nel 1990 a 19,8 milioni nel 2022. L'infarto è la principale causa di morte cardiovascolare con 109 decessi ogni 100 mila persone, seguita da emorragia cerebrale e ictus ischemico.
"Dopo un calo della mortalità, negli ultimi decenni i numeri sono di nuovo in aumento sia sul fronte delle cardiopatie ischemiche che su quello delle malattie cerebrovascolari. Si prevede che i decessi aumenteranno entro il 2030 raggiungendo i 24 milioni, con una media di oltre 66 mila persone al giorno. È necessario dunque incentivare le attività di prevenzione in maniera capillare coinvolgendo tutti gli attori possibili", afferma Pasquale Perrone Filardi, direttore della scuola di specializzazione in malattie dell'apparato cardiovascolare dell'Università Federico II di Napoli e presidente della Società Italiana di Cardiologia, che dal prossimo 14 dicembre sarà riunita per il congresso nazionale a Roma.
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