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A Perugia l'intelligenza artificiale per studiare Alzheimer

A Perugia l'intelligenza artificiale per studiare Alzheimer

Obiettivo creare un modello di malattia per aiutare i medici

PERUGIA, 03 gennaio 2024, 16:03

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Utilizzare l'intelligenza artificiale per affrontare l'Alzheimer costruendo un modello della malattia che possa aiutare i medici a identificare precocemente i sintomi e a prevederne l'evoluzione è l'obiettivo di un progetto di ricerca dell'Università degli Studi di Perugia. Finanziato con 70 mila euro dalla Fondazione Perugia, nell'ambito del bando "Qualità della vita e sostenibilità del sistema sanitario: prevenzione, promozione della salute e potenziamento dell'assistenza territoriale".
    Il progetto "Modelli basati su intelligenza artificiale per la diagnosi precoce, prognosi e gestione della malattia di Alzheimer" è coordinato dal professor Luca Gammaitoni, fisico sperimentale presso l'Ateneo. "Il progetto ha come obiettivo di migliorare la capacità del sistema sanitario di identificare i primi sintomi della malattia e di guidare i medici nel seguirne lo sviluppo al fine di migliorare le condizioni dei pazienti" spiega rispondendo all'ANSA. "L'intelligenza artificiale, per come la conosciamo oggi - aggiunge -, consiste in una serie di tecniche che servono a classificare con grande efficienza enormi quantità di dati. In questo progetto ci proponiamo di analizzare le informazioni già raccolte, al momento della prima visita, da più di mille pazienti afferenti alla sezione di sezione di Neurologia dell'Università di Perugia. Sulla base di queste informazioni puntiamo a costruire un modello della malattia".
    Un progetto che vede insieme fisica e medicina. E' il segno che la ricerca sta cambiando? "Sì, certamente" la risposta del professor Gammaitoni. "Sempre più spesso - prosegue - i problemi complessi con cui abbiamo a che fare richiedono competenze che si estendono ben aldilà delle tradizionali discipline. E' necessario superare vecchi steccati per costruire dei gruppi di ricerca che possano attingere a scienziati di diversa provenienza. In questo caso abbiamo fisici, neurobiologi, medici e informatici che collaborano insieme per trovare una strada nell'identificazione precoce delle malattie neurodegenerative.
    E' il segno di un'Università che cambia in meglio".
   

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