"La vicenda delle dimissioni del presidente dell'Agenzia del Farmaco rappresenta la conclusione spiacevole di un percorso di riforma andato male". Così all'ANSA Nicola Magrini, già direttore generale dell'Agenzia Italiana del Farmaco e oggi direttore dell'unità operativa 'Qualità e Governo Clinico Azienda' dell'USL Romagna. Magrini ha rivestito il ruolo di direttore generale dal marzo 2020 fino allo scorso febbraio, quando il suo ruolo non è stato confermato dal Governo.
"Se è vero che queste dimissioni sono un fulmine a ciel sereno, è sorprendente, inusuale e poco responsabile che ci si dimetta a due settimane dalla nomina. Andrà prontamente sostituito nell'arco di giorni, visto che attualmente l'Aifa non ha il legale rappresentante. Probabilmente sarà necessario optare rapidamente per un facente funzioni", spiega. In ogni caso, secondo l'ex Dg "queste dimissioni pongono dubbi su una riforma fatta in fretta e male, senza una discussione pubblica e con un colpo di mano, dato che è un emendamento in conversione in legge di un provvedimento che non riguardava neanche la sanità". Riforma, che per Magrini è "pericolosa perché rende l'Aifa più debole e rischia di far aumentare in maniera insostenibile la spesa farmaceutica compromettendo la tenuta economica del servizio sanitario". La struttura originaria dell'Aifa, spiega Magrini, era funzionale al suo mandato di governo della spesa e nel contempo della innovazione: "L'Agenzia deve proteggere il sistema sanitario da eccessi di spesa, valutare e controllare il buon uso dei farmaci, anche attraverso un'attività di supporto informativo ai medici che li aiutasse in un'attività di prescrizione informata".
In questo contesto, "la commissione tecnico-scientifica aveva il compito di definire il valore aggiunto di ciascun farmaco in rapporto agli altri e le popolazioni di pazienti che potevano trarne beneficio, definendo i casi in cui è corretto che il servizio sanitario li rimborsi. Senza questa attività il farmaco sarebbe utilizzabile da un numero molto alto di pazienti e la spesa farmaceutica decollerebbe", aggiunge. "Sulla base di queste valutazioni la commissione prezzi ne negoziava il prezzo del rimborso. La figura del direttore generale che svolgeva le funzioni di vicepresidente di queste due commissioni tecniche, era di indirizzarne i lavori in modo strategico per il Ssn". La riforma fa saltare questa architettura. "Al posto del direttore generale vengono nominati un direttore amministrativo e uno tecnico-scientifico. Le due commissioni vengono fuse in una sola commissione di sole 10 persone che sono in maggioranza funzionari e non esperti indipendenti di alta qualificazione nella analisi critica e metodologia degli studi clinici. Inoltre è evidente come la nuova commissione non abbia tutte le competenze specialistiche per svolgere l'enorme mole di lavoro che l'attende", aggiunge. "Il risultato è che in un momento in cui si sarebbe dovuta rafforzare l'agenzia dopo Covid-19 - portando magari sotto il controllo dell'Aifa la pubblicità sui farmaci e i farmaci veterinari in una visione di sanità pubblica e di One Health - nei fatti la si trova indebolita". "L'Aifa è fortemente integrata nel servizio sanitario nazionale ed è uno strumento per garantirne la sua sostenibilità anche in vista delle prossime valutazioni congiunte a livello europeo dal 2025. La vera sfida oggi è come dare accesso all'innovazione tutelando la sostenibilità del sistema sanitario e come sostenere maggiormente la ricerca indipendente (non promossa dalla industria farmaceutica). Questa è la visione di sanità pubblica che l'Aifa dovrebbe avere e che temo che questa riforma non possa garantire".
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